GIACOMO BAROZZI nacque a Vignola – nell’allora omonima contea dominata dalla famiglia Contrari per conto degli Este, duchi di Ferrara e Modena – il 1° ottobre 1507 (calendario giuliano). Già in vita, egli era conosciuto sia come Jacopo Barozzi sia come Iacomo Barozzi sia con innumerevoli piccole varianti del cognome sia con l’appellativo di il Vignola. Fu uno degli architetti più illustri e ammirati del tardo Rinascimento italiano, e diventò notissimo anche come teorico e trattatista dell’architettura; enorme si rivelò l’influenza da lui esercitata sulla maniera delle successive generazioni di architetti operanti in Europa e nelle Americhe.
Figlio di Bartolomeo (ciabattino originario della zona del Lago d’Orta, al tempo nel Ducato di Milano) e di una donna della quale non conosciamo il nome e che in antico veniva identificata come «tedesca» (non è escluso che ciò potesse genericamente indicare che era di madrelingua tedesca), il nostro personaggio perse presto il padre e lasciò Vignola per Bologna verso la metà degli anni Dieci (o non molto dopo). Nella seconda città dello Stato della Chiesa, egli ricevette un’approfondita formazione nei campi della prospettiva, della pittura e – in seguito – anche dell’architettura, non tardando a segnalarsi per il considerevole talento. Accertata risulta la sua presenza a Bologna pure nella prima maturità: infatti, poco più che ventenne, vi contrasse matrimonio con una donna della quale non è nota l’identità e ne ebbe tre figli, Bartolomeo (n. 1532), Giacinto (1533/1534 - non anteriormente al 1584) e una femmina, che sposò il pittore felsineo Giovanni Battista Fiorini (m. 1599/1600); inoltre, il locale governatore apostolico al potere tra il 1531 e il 1534, Francesco Guicciardini (1483-1540), commissionò al nostro personaggio quella che rappresenta la sua prima opera conosciuta, vale a dire il cartone di un Mosè salvato dalle acque, da cui fra Damiano Zambelli (1480 ca. - 1549) realizzò nel 1534 una tarsia lignea per il coro di San Domenico in Bologna, oggi custodita dal Metropolitan Museum di New York.
Nella seconda metà degli anni Trenta, a Roma, Barozzi studiò i monumenti antichi ed è possibile documentarlo all’interno dei palazzi vaticani come assistente dell’architetto papale Giacomo – o Jacopo – Meleghino (1480 ca. - 1549), nativo di Ferrara, per il quale eseguì alcuni disegni architettonici. Risale forse al 1540 il suo primo grande progetto architettonico conservatosi (ma rimasto irrealizzato): riguarda la Villa Cervini di Vivo d’Orcia (attualmente frazione del comune di Castiglione d’Orcia), nell’allora Repubblica di Siena, e gli fu commissionato dal cardinale Marcello Cervini (1501-1555), che diventò in seguito pontefice – morendo tuttavia appena ventidue giorni dopo l’elezione – sotto il nome di Marcello II.
Dopo la scomparsa dell’architetto e scultore bolognese Ercole Seccadenari (m. 1540), nel 1541 il Vignola venne scelto come nuovo architetto capo della basilica di San Petronio nella seconda città pontificia, anche se la carica restò di fatto vacante per un biennio, in quanto poco dopo questa chiamata ebbe inizio il suo soggiorno in Francia, conclusosi nel 1543; oltralpe, in particolare, egli lavorò presso la reggia di Fontainebleau in qualità di assistente dell’artista felsineo Francesco Primaticcio (1504-1570). Su richiesta del sovrano Francesco I (1494-1547, al potere dal 1515), il nostro personaggio curò il getto di copie di bronzo di calchi di statue della collezione vaticana. Inoltre, benché nulla di tutto ciò sia stato finora identificato con sicurezza, è molto probabile che, durante il biennio francese, egli abbia dipinto prospettive e steso progetti architettonici.
Tornato a Bologna, Barozzi eseguì il disegno del ciborio dell’altare maggiore della basilica di San Petronio; venne anche coinvolto nel dibattito intorno al completamento della facciata di quella chiesa (le sue e le altrui soluzioni rimasero poi sulla carta), e nei lavori per la ricostruzione del ponte sul fiume Samoggia e per il rifacimento del canale Navile. Nel 1549 il Senato felsineo gli conferì la piena cittadinanza. In questo periodo, egli potrebbe aver collaborato con il padrone di casa al progetto del palazzo bolognese dell’umanista Achille Bocchi (1488-1562).
Nel 1550, a Roma, Barozzi diventò l’architetto della potente famiglia Farnese e del nuovo papa Giulio III (Giovanni Maria Ciocchi del Monte [1487-1555]). Pochi mesi dopo la morte di Michelangelo (1475-1564), Pirro Ligorio (1513-1583) – architetto dei palazzi pontifici attivo da anni in Belvedere, nonché architetto di fiducia del cardinale Carlo Borromeo (1538-1584), che in quel periodo era ancora a Roma – assunse l’incarico di «principal architetto» della fabbrica della basilica di San Pietro; come «2° architetto» (o «sotto architetto») venne scelto il nostro personaggio, che nel 1567 fu promosso architetto capo del prestigiosissimo cantiere e – in quel ruolo – attese fino alla morte specialmente all’edificazione di alcune cappelle.
Tra i numerosi impegni che contraddistinsero il culmine della carriera professionale del Vignola, e che si concentrarono soprattutto nei territori dello Stato della Chiesa, ci limitiamo qui a ricordare: a Roma, i disegni sia di porzioni del complesso architettonico di Villa Giulia (con, all’interno, due scale a chiocciola) sia del tempietto di Sant’Andrea sulla Via Flaminia sia della chiesa di Sant’Anna dei Palafrenieri in Vaticano sia dell’interno della chiesa del Gesù; nei dintorni di Viterbo, i progetti del Palazzo Farnese a Caprarola (partendo da un preesistente fortilizio di Antonio da Sangallo iuniore [1484-1546] e Baldassarre Peruzzi [1481-1536]) con l’elicoidale Scala Regia all’interno, delle rampe semicircolari antistanti il palazzo e dei due giardini inferiori di quest’ultimo, di risistemazione di settori e immobili del borgo cittadino, della strada che – traversando il paese – doveva condurre e conduce tuttora dalla pianura alle succitate rampe, di interventi idraulici nei pressi del vicino Lago di Vico, del rifacimento dell’allora Palazzo Comunale di Grotte di Castro (prevedendo anche una scala a chiocciola all’interno) e della costruzione del secondo blocco – quello rinascimentale – del Palazzo Farnese a Làtera; a Rieti, almeno il Palazzo del Seminario e la chiesa di Sant’Antonio Abate recano sostanziose tracce della sua mano; nel Reatino, a Fara in Sabina, progettò il tabernacolo destinato alla chiesa di Sant’Antonino Martire; sempre in Lazio, e per la precisione su un basso crinale del Monte Soratte, ideò la chiesa di San Lorenzo Martire a Sant’Oreste; a Norcia, nel Perugino, concepì la Castellina; a Piacenza, nel Ducato farnesiano di Parma e Piacenza, abbozzò il Palazzo Radini Tedeschi (ora Malvicini Fontana) e ridisegnò il Palazzo Farnese (iniziato poco prima su progetto di Francesco Paciotto [1521-1591]), ma esso non venne poi completato; a Bologna, ideò la nuova facciata del Portico dei Banchi.
Nella città natale, è verosimile che il nostro personaggio abbia partecipato, se non altro offrendo la propria consulenza al «magistro muratore» ferrarese Bartolomeo Tristano iuniore (m. 1597), uomo di fiducia del committente, il conte Ercole seniore (m. 1573), al disegno del Palazzo Contrari (la cui edificazione prese il via nel 1560 e poté dirsi sostanzialmente conclusa sette anni più tardi) e della scala elicoidale autoportante immaginata al suo interno (costruita nel 1566).
Nel 1572, quando il re di Spagna Filippo II (1527-1598, sovrano dal 1556) era alla ricerca di progetti per la chiesa di San Lorenzo en El Escorial, in Vaticano ne vennero raccolti oltre venti e Barozzi procedette a elaborarne una sintesi.
Alcune delle imprese architettoniche del nostro personaggio videro la collaborazione del figlio Giacinto, anch’egli conosciuto con il soprannome toponimo del padre, sebbene – a differenza del genitore – non vantasse natali vignolesi. Va inoltre segnalato che sia l’uno sia l’altro per un certo periodo ebbero diritto di partecipare al governo dell’Urbe, in quanto figurarono (almeno dal 1569, data del più antico elenco pervenutoci) nel novero dei cittadini romani membri del Consiglio dei 100; in particolare, entrambi vi sedettero come rappresentanti del rione Arenula (in seguito, e ancor oggi, rione Regola), dove effettivamente dimoravano quando erano nella capitale dello Stato della Chiesa.
Barozzi si procurò fama, a livello internazionale, d’insigne teorico e trattatista nel suo campo grazie ai seguenti libri: Regola delli cinque ordini d’Architettura (1562), ove viene delineato il concetto di ordine architettonico; Le due Regole della Prospettiva pratica (1583, postumo, a cura del dotto scienziato ed ecclesiastico Egnazio Danti [1536-1586]). Se, nel corso del tempo, la seconda opera fu ristampata parecchie volte e ottenne notevoli consensi e diffusione, eccezionale apparve fin da subito il successo della prima, che è arrivata al giorno d’oggi a superare addirittura le cinquecento edizioni in tutto il mondo, rivelandosi un’autentica “bibbia” non solo per intere generazioni di artisti, ma anche per la cultura architettonica accademica.
A seguito di una febbre maligna durata una settimana, il Vignola si spense a Roma il 7 luglio 1573 (calendario giuliano). Tutti gli artisti della città parteciparono alla solenne cerimonia funebre, che si concluse nel Pantheon con la tumulazione della salma del grande personaggio; ora non è più presente l’indicazione del punto esatto della sepoltura. Erede dell’estinto, invero più del buon nome che di beni materiali, fu il figlio Giacinto.
Nel paese natale, risultano attualmente intitolate a Barozzi una Scuola Primaria e una via del centro storico.
AA.VV. [SORBELLI, Albano (a cura di)]: Memorie e studi intorno a Jacopo Barozzi pubblicati nel IV Centenario dalla nascita per cura del Comitato preposto alle onoranze, Vignola (MO), Per Antonio Monti, 1908.
Questo volume contiene: Albano Sorbelli, Avvertenza, pp. [III]-IV; Elenco delle tavole, pp. [VI]-VII; Errata corrige, p. [VIII]; A. [Alessandro] G. [Giuseppe] Spinelli, Bio-Bibliografia dei due Vignola, pp. [1]-78 (con Indice analitico, pp. [79]-91); Enrico di Geymüller, Un primo Progetto del Vignola per il Palazzo Farnese a Piacenza e il problema del suo operare a Montepulciano, pp. [93]-107; Paolo Giordani, Il Vignola a Roma, pp. [109]-185; Louis Dimier, Pour le nom de Vignole, pp. [187]-191; Id., Vignole en France, pp. [193]-200; Guido Zucchini, Il Vignola a Bologna, pp. [201]-255; Albano Sorbelli, Giacomo Barozzi e la Fabbrica di S. Petronio, pp. [257]-291; Id., Un’opera sconosciuta del Vignola. Il ponte sul Samoggia, pp. [293]-301; Angelo Gatti, Il Vignola Trattatista d’Architettura, pp. [303]-311; Giovanni Canevazzi, Intorno a Jacopo e a Giacinto Barozzi – Note e documenti, pp. [313]-345; Adolfo Venturi, Discorso tenuto in Vignola il VI ottobre MCMVII festeggiandosi il IV Centenario di Jacopo Barozzi, pp. [347]-358; Albano Sorbelli, La glorificazione di Vignola in Jacopo Barozzi – Discorso detto nella solenne tornata della Società di Storia Patria e Belle Arti di Vignola il 6 ottobre 1907, celebrandosi il IV Centenario dalla nascita di Jacopo Barozzi, pp. [359]-376; Indice dei Nomi e delle Cose contenute nel volume per cura di Francesco Comelli, pp. [377]-392.
ADORNI, Bruno: Jacopo Barozzi da Vignola, Milano, Skira, 2008.
AFFANNI, Anna Maria - PORTOGHESI, Paolo (a cura di): Studi su Jacopo Barozzi da Vignola, Atti del Convegno Internazionale di Studi Jacopo Barozzi da Vignola, aggiornamenti critici a 500 anni dalla nascita (Caprarola [VT], Palazzo Farnese, [23-26, ma il 26 non dedicato a relazioni] ottobre 2008), Roma, Gangemi Editore, 2011.
Questo volume contiene: Giancarlo Galan, Presentazione, pp. 9-10; le Note dei curatori, pp. 11-14; Bruno Adorni, Vignola e l’antico, pp. 15-29; Anna Maria Affanni, La storia dei restauri di Palazzo Farnese a Caprarola attraverso i documenti di archivio della Soprintendenza, pp. 31-62; Francesco Amendolagine, Jacopo Barozzi da Vignola, ovvero il decoro come nostalgia, pp. 63-82; Enzo Bentivoglio, L’inganno prospettico e spaziale nel frontespizio della editio princeps della Regola dei cinque ordini d’architettura di Giacomo Barozzi, pp. 83-90; Marco Calafati, Vignola e Ammannati: architettura e decorazione a confronto, pp. 91-111; Laura Caterina Cherubini, Palazzo Farnese in Roma. Appunti dai restauri, pp. 113-129; Maria Grazia D’Amelio, La parrocchiale di San Lorenzo di Jacopo Barozzi da Vignola a Sant’Oreste al Soratte: uso della Regola e ricerca tipologica, pp. 131-143; Marcello Fagiolo, Vignola e Maccarone nei giardini vaticani: la grotta-montagna e il tema delle Colonne d’Ercole, pp. 145-162; Fabiano T. Fagliari Zeni Bucicchio, Note sul libro delle Misure di Palazzo Farnese a Caprarola, pp. 163-189; Christoph Luitpold Frommel, Palazzo Borghese, capolavoro di Vignola, pp. 191-214; Sabine Frommel, Vignola in Francia: un episodio incerto del suo itinerario artistico, pp. 215-236; Francesca Romana Liserre, Vignola e Maccarone: dal Vaticano a Caprarola: fontane e ninfei tra scenografia, tecnica e ars topiaria, pp. 237-254; Fernando Marías, Vignola e la Spagna: disegni, incisioni, letture e traduzioni, pp. 255-275; Marina Natoli, L’eco del Vignola nelle fontane del Lazio e nella cultura mondiale del paesaggio. Permanenza e variazioni di alcune forme progettuali nel corso del tempo, pp. 276-292 (p. 276, illustrazione); Luciano Passini, La regolazione delle acque del lago di Vico, pp. 293-310; Paolo Portoghesi, Vignola e Borromini, pp. 311-346; Maurizio Ricci, Vignola e la scomparsa porta Pia a Bologna: ricostruzione, stile, attribuzione, pp. 347-362; Francesca Riccio - Adele Trani, Gli inventari seicenteschi: nuove fonti per la storia del Palazzo Farnese di Caprarola. Note sulla funzione del piano dei sotterranei, pp. 363-377; Hermann Schlimme, L’architettura di Vignola fra progetto e costruzione: divisioni del lavoro e processi di decisione nell’edilizia del Cinquecento, pp. 379-396; Simona Zani, Gli interventi di Iacopo Barozzi da Vignola a Velletri, pp. 397-420; Bibliografia generale, a cura di Alessandro Mascherucci, pp. 421-431.
BOTTARI, Stefano: Barozzi, Iacopo, detto il Vignola, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. VI, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, 1964, pp. 502-508.
Questa voce è disponibile anche nel portale web della Treccani, senza paginazione (ultimo accesso, 16 settembre 2023).
COOLIDGE, John - LOTZ, Wolfgang - THOENES, Christof - TUTTLE, Richard J. [James] - WALCHER CASOTTI, Maria: La vita e le opere di Jacopo Barozzi da Vignola 1507-1573 nel quarto centenario della morte, presentazione di Pierpaolo Tassi, premessa di Wolfgang Lotz, s.l. [ma: Vignola], Cassa di Risparmio di Vignola, 1974 [ma: 1975] {Bologna, Arti Grafiche Tamari, 1975}.
Questo volume contiene: la Presentazione di Pierpaolo Tassi, pp. [VII]-XXI; la Premessa di Wolfgang Lotz, p. XXIII; John Coolidge, La personalità del Barozzi, pp. [1]-9; Maria Walcher Casotti, Itinerario del Barozzi, pp. [11]-22; Wolfgang Lotz, L’opera del Barozzi, pp. [23]-32; Prospetto cronologico, a cura di Richard J. Tuttle, pp. [33]-45; Le opere architettoniche (Tavole 1-111), a cura di Christof Thoenes, pp. [47]-122; I disegni (Tavole 112-148), a cura di Richard J. Tuttle, pp. [123]-162; Le lettere, a cura di Richard J. Tuttle, pp. [163]-177; Christof Thoenes, Per la storia editoriale della “Regola delli cinque ordini”, pp. [179]-189; Maria Walcher Casotti, “Le due regole della prospettiva pratica”, pp. [191]-206 (testo già uscito, come articolo intitolato Iacopo Barozzi da Vignola nella storia della prospettiva, in «Periodico di Matematiche», s. IV, a. XXXI [1953], pp. 73-103; a p. 192 dello scritto presente in questo volume, però, l’Autrice colloca una breve Avvertenza inedita che contiene anche un piccolo aggiornamento bibliografico sul tema); Bibliografia, a cura di Richard J. Tuttle, pp. [207]-216; Elenco delle figure, pp. [217]-221; Referenze fotografiche, p. 222; Indice dei nomi e dei luoghi, pp. [223]-227.
DAMERI, Debora - LODOVISI, Achille - TRENTI, Giuseppe: Il Conte, l’Architetto e il Palazzo. Il Palazzo di Hercole il vecchio. Secolo XIV, s.l. [ma: Vignola], Fondazione di Vignola - Centro di documentazione {s.l., Tipografia Silvestri}, 2002, pp. 51-64 (ossia l’intero capitolo – privo di numero [ma: III] – I Barozzi e Vignola).
FROMMEL, Christoph Luitpold - RICCI, Maurizio - TUTTLE, Richard J. [James] (a cura di): Vignola e i Farnese, Atti del Convegno internazionale (Piacenza, Palazzo Farnese, 18-20 aprile 2002), Milano, Electa, 2003.
Questo volume contiene: l’Introduzione dei Curatori, pp. 13-15; la sezione Le fonti biografiche (Claudia Conforti, Vignola nelle “Vite” di Giorgio Vasari, pp. 19-25; Achille Lodovisi, I Barozzi e Vignola: nuovi documenti e ipotesi di ricerca, pp. 26-32); la sezione Vignola e i Farnese a Roma (Christina Riebesell, L’arredo architettonico del Palazzo Farnese di Roma: Vignola e Guglielmo della Porta, pp. 35-59; Laura Caterina Cherubini, Restauri in Palazzo Farnese a Roma, pp. 60-72; Hermann Schlimme, Il progetto esecutivo di Vignola per il Gesù. Ricostruzione e analisi della concezione spaziale, pp. 73-83; Maria Grazia D’Amelio, I Farnese e la Compagnia Ignaziana: le modificazioni alla cupola del Gesù di Roma per la decorazione secentesca, pp. 84-98); la sezione Opere fuori Roma (Fabiano Tiziano Fagliari Zeni Buchicchio, Il Vignola nella Tuscia, pp. 101-108; Costantino Centroni, Il Palazzo Farnese di Caprarola: analisi e prospettive di recupero, pp. 109-117; Rosalba Cantone, I giardini della Villa Farense di Caprarola: loro evoluzione, fortuna critica e prospettive di recupero, pp. 118-143; Luciano Marchetti, Opere di Vignola nell’Umbria, pp. 144-157); la sezione Vignola teorico (Pietro Roccasecca, Danti e “Le due regole”, pp. 161-173; Gabriele Morolli, Il ‘fiore della regola’. Le componenti modanari e il proporzionamento dei “cinque ordini” di Vignola, pp. 174-205; Ferruccio Canali, Il corpus ‘nascosto’. Individuazione e considerazioni critiche sul corpus lessicale della “Regola”: “nomi” e “vocaboli”, “forme” e principi, pp. 206-218); la sezione Vignola e Piacenza (Christoph Luitpold Frommel, Vignola e il Palazzo Farnese a Piacenza, pp. 221-247; Benito Dodi, Palazzo Farnese a Piacenza, rilievi 1984-2002, pp. 248-261; Antonella Gigli, Palazzo Farnese di Piacenza: le tappe del riscatto, pp. 262-267; Franca Iole Pietrafitta, Il Palazzo Farnese di Piacenza e la cittadella viscontea. La vicenda dei restauri e il recupero funzionale del complesso a sede dei Musei Civici, pp. 268-281; Stefano Pronti, Palazzo Farnese: fonti epistolari, pp. 282-296); la sezione Vignola: echi e riflessi (Sabine Frommel, Vignola e Serlio: analogie, congruenze, scarti, contraddizioni, pp. 299-327; Licia Giannelli, I “Commentarii” di Alessandro Farnese della Corsiniana, pp. 328-340; Aurora Scotti Tosini, Tra Paciotto e Vignola: considerazioni su un progetto del castello di Rivoli per i duchi di Savoia, pp. 341-353; Claude Mignot, Vignola e vignolismo in Francia nel Sei e Settecento, pp. 354-374; Werner Oechslin, Il Vignola, “l’Abbiccì degli architetti”, pp. 375-395); la rubrica Referenze fotografiche (p. 397).
LODOVISI, Achille - TRENTI, Giuseppe (a cura di): I Vignola: Giacomo e Giacinto Barozzi […], Fondazione di Vignola, Centro di Documentazione; Archivio di Stato di Parma; Fondazione di Vignola (Savignano sul Panaro [MO], Tipolitografia “F.G.”), 2004.
Questo volume contiene: Fondazione di Vignola, Centro di Documentazione, Presentazione, pp. [V]-VIII; Marzio Dall’Acqua, direttore dell’Archivio di Stato di Parma, Premessa: L’ago nel pagliaio: l’individuazione delle fonti in un archivio generale come l’Archivio di Stato di Parma, pp. [IX]-XIII; Parte Prima: Giuseppina Bacchi - Susanna Pighi, Il Vignola e il suo tempo nei documenti del Carteggio Farnesiano dell’Archivio di Stato di Parma, pp. [1]-170; Parte Seconda: Achille Lodovisi - Debora Dameri, Nuove prospettive di ricerca sui due Vignola, pp. [171]-278; Tavole, pp. [279]-294; Indice dei mittenti e dei destinatari, pp. [295]-297; Indice delle persone, pp. [299]-306.
LOUKOMSKY, G.K. [LUKOMSKIJ, Georgij Kreskentevič]: Jacques Vignole. Sa vie, son œuvre, préface de André Maurel, Paris, A. Vincent & Cie Editeurs, 1927.
ORAZI, Anna Maria: Jacopo Barozzi da Vignola 1528-1550. Apprendistato di un architetto bolognese, prefazione di Arnaldo Bruschi, Roma, Bulzoni, 1982.
TUTTLE, Richard J. [James] - ADORNI, Bruno - FROMMEL, Christoph Luitpold - THOENES, Christof (a cura di): Jacopo Barozzi da Vignola, Milano, Electa, 2002 (II edizione, 2003; III edizione, 2007).
Questo volume è il risultato della ricerca preparatoria per la mostra Jacopo Barozzi da Vignola. La vita e le opere (Vignola, Palazzo Contrari Boncompagni, 30 marzo - 7 luglio 2002), e contiene: la Prefazione dei Curatori, p. 7; Arnaldo Bruschi, Introduzione a Vignola. Ornamenti “antichi” / architetture “moderne”, pp. 9-23; Richard J. Tuttle, La vita, pp. 24-38; Christoph Luitpold Frommel, Vignola architetto del potere. Gli esordi e le ville nell’Italia centrale, pp. 39-59; Richard J. Tuttle, Le chiese, pp. 60-71; Bruno Adorni, Opere in Emilia, pp. 72-87; Christof Thoenes - Pietro Roccasecca, Vignola teorico, pp. 88-99; Christof Thoenes, La fama di Vignola, pp. 100-107; la sezione Jacopo Barozzi e Vignola (Id., L’immagine dell’architetto, pp. 108-110; Achille Lodovisi - Debora Dameri - Giuseppe Trenti, La famiglia e la città di nascita, pp. 111-113); la sezione Bologna, 1515 circa - 1538 (Richard J. Tuttle, La formazione bolognese, pp. 114-118; Maurizio Ricci, Peruzzi e Serlio a Bologna, pp. 119-124); Roma e Fontainebleau, 1538-1543 (scheda introduttiva di Christoph Luitpold Frommel, p. 125; Hubertus Günther, Gli studi antiquari per l’“Accademia della Virtù”, pp. 126-128; Sabine Frommel, Fontainebleau, pp. 129-138); la sezione Bologna, 1543-1550 (Richard J. Tuttle, San Petronio, pp. 139-148; Id., Palazzo Bocchi, pp. 149-152; Id., Opere pubbliche bolognesi, pp. 153-155); la sezione Palazzi e ville a Roma e nell’Italia centrale (Christoph Luitpold Frommel, Villa Cervini presso Montepulciano, pp. 156-160; Maurizio Ricci, La Castellina di Norcia, pp. 161-162; Christoph Luitpold Frommel, Villa Giulia a Roma, pp. 163-195; Richard J. Tuttle, Palazzo Farnese a Roma, pp. 196-205; Id., San Lorenzo in Damaso a Roma, p. 206; Id., Palazzo della Cancelleria a Roma, pp. 206-207; Id., Palazzetto in piazza Navona, pp. 208-209; Fabiano Tiziano Fagliari Zeni Buchicchio, Palazzo Farnese a Caprarola, pp. 210-233; Id., Altre opere a Caprarola e nel Lazio, pp. 234-243); la sezione Chiese a Roma e nell’Italia centrale (Christoph Luitpold Frommel, San Giovanni dei Fiorentini a Roma, pp. 244-247; Richard J. Tuttle, Sant’Andrea in via Flaminia a Roma, pp. 248-250; Hermann Schlimme, Madonna del Piano a Capranica, pp. 251-253; Maria Grazia D’Amelio, San Nicola da Bari a Mazzano Romano, pp. 254-255; Maria Olimpia Zander, Il tabernacolo di Fara Sabina, pp. 255-256; Richard J. Tuttle, Sant’Anna dei Palafrenieri a Roma, pp. 256-258; Maurizio Ricci, Santa Maria in Traspontina, pp. 258-260; Paola Zampa, Facciata di Santa Maria dell’Orto a Roma, pp. 261-267; Maria Grazia D’Amelio, San Lorenzo a Sant’Oreste al Soratte, pp. 268-269; Hermann Schlimme, Sant’Antonio Abate a Rieti, pp. 270-271; Klaus Schwager - Hermann Schlimme, La chiesa del Gesù di Roma, pp. 272-299; Federico Bellini, La basilica di San Pietro in Vaticano, pp. 300-306; Fernando Marías, Vignola e l’Escorial, p. 307); la sezione Opere in Emilia (Bruno Adorni, Palazzo Farnese a Piacenza, pp. 308-323; Id., Palazzo Radini-Tedeschi a Piacenza, pp. 324-326; Id., Palazzo del Giardino a Parma, pp. 327-330; Id., Perizie e disegni per Parma nel 1559, p. 330; Id., Facciata del portico dei Banchi a Bologna, pp. 331-332); la sezione Vignola teorico (Christof Thoenes, La pubblicazione della “Regola”, pp. 333-340; Id., La dottrina della “Regola”, pp. 341-343; Id., Alcune tavole della “Regola”, pp. 344-351; Id., I precedenti della “Regola”, pp. 352-361; Id., La fortuna della “Regola”, pp. 362-366; Pietro Roccasecca, Per una storia del testo de “Le due regole della prospettiva pratica”, pp. 367-372; Id., La “Portione del manoscritto originale di Giacomo Barozzi da Vignola della sue prospettiva”, pp. 372-377); la sezione Atlante (pp. 380-409); la sezione Apparati (rubrica Fonti, contenente Giorgio Vasari, da “Le vite”, 1568, pp. 412-413, ed Egnazio Danti, “Vita di M. Iacomo Barrozzi da Vignola”, da “Le due regole”, 1583, pp. 413-415; rubrica Bibliografia, pp. 416-428; rubrica Indice dei nomi, pp. 429-434); la rubrica Referenze fotografiche (p. 435).
WILLICH, Hans: Giacomo Barozzi da Vignola, Strassburg, J.H.Ed. Heitz (Heitz & Mündel), 1906.
Antonio Locatelli (1786-1848), ritratto postumo di Barozzi, incisione, a partire da una stampa antica. Fonte: Iconografia dei celebri vignolesi. Opera edita per cura di Francesco Selmi, Modena, A spese di Giuseppe Lupi librajo, 1839. Il piccolo libro in oggetto è una pubblicazione periodica di natura collettiva costituita di sette dispense singole (le quali presentano in alcuni casi note tipografiche parzialmente diverse da quelle che si trovano nel volumetto rilegato, ad esempio «Presso il libraio Giuseppe Luppi»; quest’ultimo, peraltro, risulta il nome corretto del libraio modenese), così intitolate: Jacopo Cantelli, Lodovico Antonio Muratori, Jacopo Barozzi da Vignola, Pietro Antonio Bernardoni, Agostino Paradisi, Giuseppe Soli, Veronica Cantelli Tagliazucchi. L’incisione di Locatelli apre la dispensa su Barozzi, il cui testo scritto è firmato in calce da Francesco Selmi.
è collocato a Roma, sul Pincio, lungo Viale Valadier. Fonte: google.com
Targa dedicata nel 1907 al Vignola da Giuseppe Graziosi (1879-1942), artista nato a Savignano sul Panaro (MO), per volere del Comitato per le Feste Barozziane, che gli commissionò anche la realizzazione della medaglia ufficiale commemorativa in occasione del 400° anniversario della nascita del grande architetto. La targa, di bronzo e inserita in una lastra di pietra serena, venne affissa sulla facciata del vignolese Palazzo Contrari (poi Palazzo Boncompagni e infine Palazzo Boncompagni Ludovisi, ma popolarmente più noto come Palazzo Barozzi), dove è ancora possibile ammirarla; la sua inaugurazione si tenne il 6 ottobre 1907, alla presenza del ministro della Pubblica Istruzione Luigi Rava (1860-1938), del sindaco cittadino Pietro Muzzioli e di numerose altre autorità.
Villa Giulia si trova a Roma, alle pendici dei Monti Parioli, non lontano dalla Via Flaminia; oggi una sua porzione accoglie il Museo Nazionale Etrusco. Nel 1550, salito da pochi mesi al soglio pontificio, Giulio III incaricò Barozzi della progettazione del nuovo complesso architettonico. Il Vignola stese fin dall’inverno 1550-1551 i primi disegni, nell’approntare i quali egli dovette tener conto di una preesistenza anteriore al 1527 e commissionata dal cardinale Antonio Maria Ciocchi del Monte (1461-1533), zio del papa regnante dal 1550, a Jacopo Sansovino (1486-1570). Furono coinvolti nella progettazione di Villa Giulia anche Giorgio Vasari (1511-1574) e Bartolomeo Ammannati (1511-1592). Nel novembre 1553 il complesso architettonico era in gran parte completato; a quella data, risultava altresì conclusa la decorazione pittorica interna, eseguita da Pietro Venale (fl. 1541-1583), Prospero Fontana (1512-1597) e Taddeo Zuccari (1529-1566). Nell’ambito di Villa Giulia, sono da attribuire al Vignola almeno la palazzina d’ingresso con la corte semicircolare e l’impianto del ninfeo sotterraneo. Nel medesimo periodo in cui era aperto il cantiere di quel complesso architettonico, a poche centinaia di metri da lì si stava costruendo la piccola chiesa di Sant’Andrea in Via Flaminia su progetto di Barozzi. Fonte dell’immagine recente della facciata di Villa Giulia: google.com
In un periodo caratterizzato da violenti disordini intestini, nel 1554 il Consiglio Generale di Norcia, città umbra in Val Nerina (all’epoca, zona soggetta allo Stato della Chiesa), decise di far erigere un palazzo fortificato che ospitasse il governatore apostolico. Quello stesso anno, a seguito dell’intervento del vescovo di Perugia, il cardinale Fulvio della Cornia (1511-1583), legato di Ascoli e Norcia, e di suo zio, il pontefice Giulio III (1487-1555), il progetto fu affidato a Barozzi, che decise d’inglobare parte dell’antico Palazzo del Podestà, sul lato occidentale della Piazza Grande (l’odierna Piazza San Benedetto); nel 1562 la realizzazione di questa Castellina risultava quasi integralmente completata. Di non grandi dimensioni (40x38 metri circa dallo spigolo esterno di un bastione all’altro), il nostro edificio è serrato agli angoli da quattro baluardi sghembi alla base e con scarpa per il tiro radente. A pianoterra, anch’esso conformato a scarpa, trova spazio un portale a bugne piatte sovrastato da tre stemmi. Sopra un cordolo costituito di un toro e un sottostante cavetto si innalza il piano nobile. All’interno, loggiati coperti da volte a crociera circondano un cortile su pilastri. Durante i suoi quattro secoli e mezzo di storia, il territorio dell’Umbria possiede un alto grado di sismicità, il palazzo ha subìto diversi interventi di restauro, interventi di restauro che sono in corso pure in questo periodo per le conseguenze del grave terremoto occorso il 30 ottobre 2016. L’edificio ospita dal 1967 il Museo Civico e Diocesano “La Castellina” di Norcia. Fonte dell’immagine: wikipedia.com (la fotografia risale a poco prima del sisma del 2016).
su progetto di Antonio da Sangallo il Giovane (1484-1546) e di Baldassarre Peruzzi (1481-1536).
Nel 1557 vennero commissionati al Vignola nuovi disegni per il palazzo
e nel 1559, sotto la sua direzione, riprese la fabbrica; egli lasciò l’incarico dopo un lustro.
Nel 1575 la struttura architettonica fu completata nelle sue parti essenziali. Fonte: google.com
Scorcio dal basso della Scala Regia del Palazzo Farnese di Caprarola. Ideata da Barozzi, che verosimilmente s’ispirò all’innovativa scala a lumaca costruita – in oltre un quarto di secolo, a partire dal 1507 – su disegno di Donato Bramante (1444-1514) in Vaticano, a breve distanza dal cortile ottagonale della Villa del Belvedere, quella del Vignola è una delle più superbe ed eleganti scale elicoidali del Cinquecento; le pareti e la volta vennero integralmente affrescate forse da Antonio Tempesta (1555-1630) con storie della famiglia Farnese. Mentre fino ad allora nei palazzi nobiliari queste complesse strutture architettoniche erano in genere concepite come passaggi di servizio per le guardie e la servitù, Barozzi progettò qui un’ampia e sontuosa scala di rappresentanza per collegare gli interrati dell’edificio, dove arrivavano le carrozze, e i piani superiori (in particolare, gli appartamenti del cardinale Alessandro Farnese il Giovane [1520-1589]); essa è caratterizzata da trenta colonne doppie in peperino sulle quali ruotano un fascione con bassorilievi e una balaustra, entrambi in peperino. Fonte: fotografia di Maurizio Vecchi (da google.com)
Il Palazzo Farnese di Piacenza (lati sud-est e sud-ovest). Inconclusa, questa residenza di Corte fu edificata in quella che era al tempo la seconda città per estensione e importanza del Ducato farnesiano di Parma, con lo scopo di dar vita a un luogo di rappresentanza che fosse non solo simbolo della potenza della famiglia Farnese, ma anche la dimora abituale della duchessa di Parma, Margherita d’Austria (1522-1586), figlia dell’imperatore Carlo V (1500-1558) e moglie di Ottavio Farnese (1524-1586). Nel corso delle lunghe e complicate vicende costruttive di tale vasta e austera struttura architettonica, il Vignola ebbe un ruolo di primo piano, poiché egli venne chiamato a ridisegnarla poco tempo dopo che il cantiere, nel 1588, era stato avviato su progetto dell’urbinate Francesco Paciotto (1521-1591). Invero, l’attuale grandiosa mole dell’edificio riflette soltanto in parte le idee di Barozzi, che, messe su carta nel 1560-1561, portarono alla realizzazione unicamente della zona corrispondente all’appartamento della duchessa Margherita. Sono tuttavia arrivati fino a noi innumerevoli disegni del Vignola e del figlio Giacinto (1533/1534 - non prima del 1584), che fu per qualche tempo attivo nel cantiere come direttore della «fabbrica» al posto del padre, passato a Roma; non tradotti in pratica, essi rivelano come si volesse tener conto di quanto già eseguito. I lavori al Palazzo Farnese proseguirono fino al 1568, per poi rallentare e interrompersi del tutto, riprendendo però quindici anni dopo la morte del nostro architetto. La maestosa severità dell’edificio e in primis l’incompiuto cortile con angoli da nicchie, testimoniano della straordinaria invenzione barozziana, ricostruibile purtroppo solo attraverso disegni. Fonte dell’immagine: fotografia di Davide De Paoli (da google.com).
Nel 1560 o 1561 il conte piacentino Ludovico Tedesco, maggiordomo di camera del cardinale Alessandro Farnese, incaricò Barozzi di ideare il Palazzo Radini Tedeschi (ora Malvicini Fontana) nel suo luogo natale, ove l’illustre architetto al tempo stava non solo ridisegnando il Palazzo Farnese, ma anche interrogandosi su una nuova sistemazione urbana attorno a esso; sembra confermare l’intenzione farnesiana e vignoliana di dare un assetto organico a una porzione del centro città anche il legame indissolubile tra i due succitati palazzi (in un documento del 29 agosto 1565, per esempio, si vede come variando il livello di uno variava quello dell’altro). La realizzazione un po’ sciatta e minimale dei disegni autografi barozziani per la nuova prestigiosa dimora del conte Tedesco richiese l’integrazione di diversi disegni “esecutivi” di altra mano. Dinanzi a un sito un po’ infelice perché ristretto, specialmente in profondità, il Vignola decise di spostare a destra l’ingresso (comprendendo nella facciata il sopralzo) e lo pose in asse con un cortile quadrato a logge, quella posteriore di minore profondità; il cantiere durò dal 1562 al 1573. All’interno, il salone principale posto in facciata, sopra l’ingresso, venne affrescato con Storie di Giasone dal pittore piacentino Gian Antonio Bianchi (saldato nel 1575), probabilmente su bozzetto di uno degli artisti attivi nel Palazzo Farnese di Caprarola e con i quali Tedesco aveva rapporti diretti, essendosi egli occupato a lungo dei lavori di quella fabbrica per conto del Gran Cardinale. Fonte dell’immagine: google.com
Nelle immagini, due particolari degli interventi eseguiti presso il Lago di Vico su progetto di Barozzi: a sinistra, l’ingresso del cunicolo vignolesco; a destra, l’interno del cunicolo vignolesco. Una significativa esperienza dell’illustre architetto nel settore idraulico prese corpo poco distante dal cantiere del Palazzo Farnese di Caprarola nel periodo in cui egli lo stava dirigendo su chiamata del cardinale Alessandro Farnese (1520-1589). Questi, infatti, gli affidò l’incarico di abbassare il livello delle acque del Lago di Vico, in quanto la Comunità di Caprarola da tempo si lamentava che esse non di rado allagavano vasti terreni coltivabili. L’alto prelato approfittò di questo per far gravare gli oneri dei lavori sulla Comunità, promettendo che venissero coltivate dagli abitanti tutte le terre che sarebbero emerse; egli, che dominava sulla zona, era molto interessato a una riforma idraulica di quel tipo anche perché pensava fosse possibile utilizzare le acque che defluivano dal lago per far funzionare meglio le numerose fabbriche del vicino paese di Ronciglione (ferriere, ramiere, cartiere, mulini e altri opifici). Barozzi studiò in che modo da secoli si stava provando a diminuire il livello del lago, e decise di allargare e stabilizzare il cunicolo (o sboccatore) d’origine romana che s’immetteva nel Rio Vicano, un corso d’acqua artificiale creato dagli Etruschi; inoltre, egli intervenne sull’imbocco del cunicolo, ampliò la formella naturale che scorreva a cielo aperto e congiungeva il cunicolo al lago, e scavò un pozzo ove il flusso dell’acqua poteva essere regolato mediante uno o più tavoloni che scorrevano dentro degli incastri. I lavori furono eseguiti dalla metà del 1562 all’inizio del 1563. Fonte delle immagini: Luciano Passini, La regolazione delle acque del lago di Vico, in Anna Maria Affanni - Paolo Portoghesi (a cura di), Studi su Jacopo Barozzi da Vignola, Atti del Convegno Internazionale di Studi Jacopo Barozzi da Vignola, aggiornamenti critici a 500 anni dalla nascita (Caprarola [VT], Palazzo Farnese, [23-26, ma il 26 non dedicato a relazioni] ottobre 2008), Roma, Gangemi Editore, 2011, pp. 293-310: 306.
Nel 1563 il Palazzo Comunale di Grotte di Castro, paese attualmente in provincia di Viterbo, subì notevoli danni a seguito di un terremoto e fu necessario ricorrere all’intervento di un architetto. La scelta ricadde su Barozzi, che all’epoca dirigeva il cantiere del maestoso Palazzo Farnese di Caprarola (VT). A partire dal suo progetto, vennero avviati complessi lavori di ricostruzione durati diciotto anni, al termine dei quali gli uffici del Comune furono accolti in un nuovo edificio dall’invidiabile eleganza, vero e proprio fiore all’occhiello dell’intera comunità. Nel 1921 un altro evento sismico colpì Grotte di Castro. Al palazzo vignolesco, lesionato, vennero apportate modifiche considerevoli, che però non intaccarono diverse parti tardocinquecentesche, ancor oggi esistenti: all’esterno, il mirabile portale posto sul lato prospiciente la chiesa di San Pietro Apostolo e, al primo piano, le pregevoli cinque finestre in nenfro con sottostante marcapiano così come i due begli angoli bugnati in nenfro; all’interno, la suggestiva scala a chiocciola. Fino al 2008 questo edificio continuò a essere la sede degli uffici comunali, poi accolse (e accoglie tuttora) l’importante Museo Archeologico Civita. Fonte dell’immagine: google.com
Tabernacolo della chiesa di Sant’Antonino Martire, a Fara in Sabina (RI); la commissione va con ogni probabilità ricondotta all’intervento del cardinale Alessandro Farnese. Tra il 1563 e il 1565, sulla base del disegno vignolesco, questo ciborio monumentale fu realizzato in alabastro di Volterra e marmo bianco da Giammaria da Pistoia. Il tabernacolo, a tutt’oggi conservato nella suddetta chiesa di Fara, possiede un diametro di 98 cm e un’altezza di 190 cm. In esso, con raffinata semplicità, Barozzi ripropone il tema del tempio circolare a cupola, abbastanza in voga presso i suoi colleghi quattro e cinquecenteschi; tale veste architettonica rimandava alla Gerusalemme Celeste e agli antichi martiria a impianto centrale, e dunque, nel caso del progetto di cibori, si sposava bene all’argomento sacramentale di morte e resurrezione implicito nel luogo ove si custodisce il Santissimo Sacramento. In particolare, l’opera vignolesca si colloca significativamente tra quei tabernacoli in forma di tempietto che, a partire dal primo Cinquecento, seguirono il modello offerto da Raffaello nell’edificio dipinto sullo sfondo dello Sposalizio della Vergine (1504). Una riproduzione lignea, in scala reale, di questo ciborio è da alcuni anni custodita nella Sala dei Tronchi d’Albero della rocca di Vignola; l’opera venne realizzata da Orazio Greco nel 2002. Fonte dell’immagine del tabernacolo di Barozzi: google.com
La facciata del portico venne eseguita fra il 1565 e il 1568 su progetto di Barozzi. Fonte: google.com
Chiesa di San Lorenzo Martire, a Sant’Oreste (RM). Il disegno di questo tempio costituisce il contributo più significativo che Barozzi offrì a quella comunità. Il preesistente tempio quattrocentesco fu demolito, lasciando tuttavia intatto il campanile, per far posto alla nuova chiesa vignolesca, il cui cantiere venne inaugurato nel 1567. Estranei al progetto iniziale risultano l’ampliamento dell’edificio sacro (realizzato nel 1744-1745) e la facciata (conclusa nel 1818). Barozzi ebbe a lungo difficoltà a ottenere interamente il compenso pattuito per l’opera da lui prestata a favore della comunità di Sant’Oreste. Fra l’altro, egli spedì ai Massari di quest’ultima – da Caprarola, il 14 maggio 1568 – una dura e mordace lettera in reazione alla partita di olio rancido appena ricevuta a saldo della parcella (questa missiva è oggi conservata presso l’Archivio Comunale di Sant’Oreste). Fonte dell’immagine: google.com
Facciata della chiesa di Sant’Anna dei Palafrenieri, oggi nello Stato della Città del Vaticano. Durante l’ultimissima fase della vita di Barozzi, nell’agglomerato romano al tempo di nuova formazione che aveva preso il nome di Borgo Pio e che si trova a pochi passi dalla basilica di San Pietro, cominciò la costruzione della chiesa della Confraternita dei Palafrenieri, intitolata a Sant’Anna, sulla base di suoi disegni che purtroppo finora non è stato possibile identificare. A dirigere i lavori del cantiere fu, per alcuni anni, il figlio Giacinto (1533/1534 - non prima del 1584). L’apertura al culto della chiesa avvenne nel 1583. Nel XVII secolo e nella prima metà del successivo, la struttura subì diverse modifiche – talora assai rilevanti – all’interno come all’esterno. Al 1745 data il completamento della cupola ovale (il progetto si dovette a tal cavalier Navona). Nel 1845 furono eseguiti importanti lavori di restauro dell’interno, mentre al 1902-1903 risalgono alterazioni fondamentali. L’impianto originario dell’edificio costituì uno dei modelli più influenti sull’architettura posteriore, specie su quella barocca: la pianta ovale è inserita in un rettangolo in muratura, riservando gli spazi residui ad ambienti funzionali; otto colonne inalveate circondano lo spazio centrale e inquadrano con una travata ritmica gli arconi delle quattro cappelle; la configurazione iniziale della facciata esterna, scandita da alte paraste con nicchie interposte e un portale a colonne alveolate per un quarto, venne in parte modificata soprattutto nel primo Settecento. Fonte dell’immagine: google.com
Frontespizio di Regola delli cinque ordini d’architettura di M. Iacomo Barrozio da Vignola, s.n.t. [ma: Roma, 1562]. Fonte: google.com. Descrizione del frontespizio: «Consta del titolo dell’opera scritto sotto la mezza figura del Vignola volta a destra di chi guarda reggente il compasso aperto sul davanzale di una finestra che inquadra tutta la figura. La quale è dentro un intercolonio composito con piedestalli, sormontato da un frontone spezzato a volute, fra le quali si alza lo stemma del card. Farnese retto da due genii fra due poliedri che pendono dall’alto. Nel timpano si vedono due emblemi: il dardo che colpisce nel segno, e una nave che veleggia contro uno scoglio, mentre sul campo della figura evvi l’altro dai tre gigli Farnesiani. Questi emblemi sono accompagnati da motti greci, e il primo di questi figura nella medaglia del card. Alessandro segnata coll’anno 1556, e gli altri due nella metope della cornice dorica che il Vignola disegnò pure per il sudd. card. in una porta per il palazzo della Cancelleria in Roma, che poi non fu eseguita» (A. [Alessandro] G. [Giuseppe] Spinelli, Bio-Bibliografia dei due Vignola, in AA.VV. [SORBELLI, Albano (a cura di)], Memorie e studi intorno a Jacopo Barozzi pubblicati nel IV Centenario dalla nascita per cura del Comitato preposto alle onoranze, Vignola [MO], Per Antonio Monti, 1908, pp. [1]-78: 16).
Con i comentarij del R.P.M. Egnatio Danti dell’ordine de Predicatori Matematico dello Studio di Bologna.
All’ill. et ecell. Sig. Iacomo Buoncompagni Duca di Sora et d’Arce Signor d’Arpino Marchese di Vignola
Cap. Gen. degl’huomini d’arme del Re Catt. nello stato di Milano et Gouernatore Generale di Santa Chiesa,
In Roma, Per Francesco Zannetti, 1583. Fonte: google.com
L’Architettura di Jacopo Barozzi da Vignola ridotta a facile metodo per mezzo di osservazioni a profitto de’ studenti.
Quinta edizione. Aggiuntovi un trattato di Meccanica, Bassano [ora: Bassano del Grappa (VI)],
Nella Tipografia Remondiniana, 1810 (la prima edizione di L’Architettura di Jacopo Barozzi da Vignola […]
uscì in due volumi, In Venezia, Presso Giambatista Pasquali, 1748). Fonte: collezione privata.
per cura del Comitato preposto alle onoranze, Vignola, Per Antonio Monti, 1908. Fonte: collezione privata.