DOMENICO BELLOI (o Belloj), notaio e storico, venne alla luce il 6 marzo 1660 a Vignola, dal 1575 capitale del Marchesato omonimo (dal 1577 retto dai Boncompagni, che lo detenevano come subfeudatari dei duchi estensi di Modena).
Figlio del cólto Pietro – o Pier – Ercole (1634-1702), nato a Vignola, anche se di famiglia proveniente da Ospitaletto di Marano sul Panaro (all’epoca, Ospitaletto faceva parte della Podesteria di Monfestino, territorio appartenente al Marchesato di Vignola), e di Maria Giovanna Montacuti (o Montaguti, 1642-1687), il cui parentado era originario di Guiglia (al tempo, capitale dell’omonimo Marchesato, in mano ai Montecuccoli Laderchi, anch’essi subfeudatari dei duchi estensi di Modena), il nostro personaggio ebbe una vita e una carriera fortemente influenzate dalla condotta e dalle scelte professionali del padre; come lui, fra l’altro, si addottorò in utroque iure all’Università di Bologna (1681), nutrì sempre un grande amore per le lettere e mostrò sovente un carattere fermo, franco e impetuoso. Questa sua personalità combattiva e poco incline ai compromessi gli procurò robuste quanto numerose antipatie, ma non impedì che egli si legasse d’amicizia con alcuni importanti uomini di lettere allora attivi nel Ducato estense.
Il giovane Belloi svolse il praticantato a Roma, dove fu poi membro della Curia pontificia ed esercitò la carica di protonotario apostolico (1683-1684). Tornato in Emilia con l’idea iniziale di fissare la propria dimora a Bologna e di cercarvi un impiego di alto livello, il Nostro ricoprì l’ufficio di podestà prima a Monfestino e poi a Corniglio (a quel tempo, borghi che si trovavano – rispettivamente – nel Marchesato di Vignola e nel Ducato di Parma).
Stabilitosi a Vignola, Belloi il 3 marzo 1689 sposò Anna Maria Vallicelli (1668-1710) e ne ebbe nove figli, dei quali giunsero all’età adulta solo Bruno, Maria Giovanna e Felice Fortunato. In questo periodo, egli svolse l’attività di notaio, strinse rapporti d’amicizia con Giacomo – detto Jacopo – Cantelli (1643-1695) e riuscì anche a guadagnarsi la stima e l’appoggio di Lodovico Antonio Muratori (1672-1750), il quale gli si dimostrò molto vicino anche all’epoca dell’“esilio”: il nostro personaggio, infatti, fu il principale promotore dell’Opera della Mora, un argine di sassi che, nel letto del Panaro (a quel tempo, chiamato ancora Scoltenna), avrebbe dovuto preservare i terreni delle Basse dalle piene del fiume; all’indirizzo di questi lavori vennero mosse critiche così dure da costringere Belloi a ritirarsi per due mesi – a cavallo tra la fine del 1700 e l’inizio del 1701 – a circa tre chilometri dal borgo di Vignola, presso l’oratorio di Santa Maria della Plebe, attualmente santuario della Beata Vergine della Pieve, che egli omaggiò dettando due distici sopra la sua porta.
Il capolavoro librario di Belloi è il De Vineolae moderniori statu chronica enarratio, iniziato nel 1704 e concluso nel 1706, la più autorevole esposizione delle vicende storiche del paese natale e del suo territorio composta fino ad allora. Tale opera fu stampata solo nel 1872, a cura di Alessandro Plessi (1824-1907), in occasione del secondo centenario della nascita di Muratori. Nel 1935, poi, il testo uscì volgarizzato e annotato, sotto il titolo di Del più moderno stato di Vignola, da Bernardo Soli (1881-1948), chimico farmacista, storico ed erudito che venne alla luce a Vignola in un’antica famiglia del posto, benché sia vissuto e abbia lavorato per la maggior parte dell’esistenza nel Comune modenese di Spilamberto (volle tuttavia farsi inumare nel cimitero del luogo d’origine); di questo volume esistono anche un’edizione anastatica (1978) e un’edizione digitale curata nel 2019 da studenti dell’Istituto d’Istruzione Superiore “Agostino Paradisi” di Vignola (link).
Di Belloi vanno segnalate pure altre due opere, redatte nello stesso periodo e lasciate manoscritte: De familiis nobilioribus Vineolae e Institutiones rite ac recte vivendi.
Rimasto vedovo nel 1710, il personaggio di cui stiamo parlando vestì l’abito talare (anche il padre, perduta la moglie, si era fatto prete) e spirò a Vignola il 27 luglio 1712. Fu sepolto nella chiesa dei Cappuccini esistente allora da due lustri in paese e intitolata all’Immacolata Concezione; i suoi resti mortali andarono poi dispersi (ciò accadde poco dopo il 1806, anno in cui le normative napoleoniche imposero in Italia il trasporto delle ossa dei defunti fuori dei centri abitati e dei luoghi di culto; a Vignola, quelle del Nostro non vennero ritrovate una volta giunte, insieme con altre, al nuovo cimitero comunale, cioè al vicino camposanto che restò in uso fino all’ultimo scorcio del XIX secolo). La famiglia Belloi si estinse nei figli di Domenico; a ereditare il patrimonio furono gli eredi della sorella Giovanna, sposata con tal Giacomo Degiacomi.
Oggigiorno Vignola ricorda quest’illustre figura con una strada in Castelvecchio a lui intitolata nel 1907 e – assieme al padre – con una lapide apposta sulla facciata della casa natale (che si trova in Castelnuovo, lungo l’odierna Via Giuseppe Garibaldi).
l’opera più importante e celebre di Belloi, che la redasse dal 1704 al 1706.
Questo volume, curato da Alessandro Plessi, uscì per i tipi bolognesi di Nicola Zanichelli nel 1872.
volgarizzazione e note di Bernardo Soli, Modena, Tipografia G. Ferraguti & C., Modena, 1935.
L’esemplare qui fotografato appartiene a una collezione privata.