AGOSTINO PARADISI IL GIOVANE, poeta, saggista, traduttore, drammaturgo, storico ed economista, nacque nella rocca di Vignola il 26 aprile 1736.
Figlio di Giammaria (o Gian Maria, o Giovanni Maria [m. 1737]), governatore generale e vice-marchese di Vignola (il Marchesato di Vignola era allora retto dalla famiglia Boncompagni Ludovisi, subfeudataria degli Este, duchi di Modena) e di Teresa Castaldi (o Gastaldi [m. 1753]), Agostino Paradisi il Giovane dovette lasciare il paese natale a soli dodici mesi di età per la morte del padre. Si trasferì con la madre e la sorella neonata Maria Francesca a Reggio Emilia (all’epoca, denominata – indifferentemente – Reggio di Lombardia o Reggio di Modena), secondo centro degli Stati estensi, dove passò l’infanzia e dove tornò dopo un lustro di studio (1747-1752) presso il Collegio Nazareno di Roma, risiedendovi fino al 1772, anno in cui prese dimora a Modena. Dal 1780 al 1783, quando lo colse una morte prematura, abitò di nuovo a Reggio Emilia.
Paradisi fu il maggior «poeta-filosofo» italiano del suo tempo, l’indiscusso “principe” dei versificatori «oraziani» estensi, un apprezzato autore di odi sacre e un importante animatore della vita letteraria e teatrale nella seconda città estense, ma pure a Bologna e presso il Palazzo – o Villa – Albergati di Zola (oggi Zola Predosa), nella campagna felsinea. A lui si dovettero sia uno sforzo ad amplissimo respiro finalizzato a rinnovare il gusto teatrale italiano sia il primo serio tentativo di “inventare” uno stile e un metro idonei a dar vita a un teatro tragico nazionale in lingua italiana. Si dedicò anche agli studi storici, con il duplice intento di ricostruire l’autentica identità culturale del Bel Paese plasmatasi lungo i secoli e di far luce sulle cause della decadenza della Penisola, a suo avviso iniziata al morire del XV secolo.
In campo poetico, considerevole fu il successo di Paradisi soprattutto a partire dalla sua raccolta del 1762, Versi sciolti.
Nell’ambito di un serio impegno diretto alla riforma del teatro nazionale, il nostro personaggio tradusse in endecasillabi sciolti italiani alcune celebri tragedie francesi del Sei-Settecento e ne curò la rappresentazione, fece mettere in scena diverse opere di Carlo Goldoni (1707-1793) e compose in prima persona Gli Epitidi, una tragedia che, a partire dal 1764, fu applaudita in vari teatri italiani.
La fama ottenuta da Paradisi ancora in giovane età fece sì che autori più o meno affermati lo consultassero regolarmente sia nel settore poetico sia in quello teatrale.
Nel 1772 venne affidata al nostro intellettuale la nuova cattedra di Economia Civile (la terza in ordine cronologico a essere fondata in Italia, dopo quella napoletana tenuta da Antonio Genovesi [1713-1769] e quella milanese inizialmente assegnata a Cesare Beccaria [1738-1794]) presso il riordinato Ateneo di Modena. Dal 1778 al 1780, fu titolare dell’insegnamento di Storia Civile nella medesima Università, da lui fortemente voluto, ma non interruppe le lezioni di Economia Civile. Grazie a questi due corsi, Paradisi e il duca Francesco III d’Este (1698-1780, sul trono dal 1737 alla morte) desideravano far maturare negli studenti, futuri funzionari e burocrati ducali, una coscienza riformatrice basata su una connessione critica tra passato e presente.
Nel 1772 e nel 1775 il personaggio di cui stiamo parlando pronunciò allo Studium Mutinensis due famose prolusioni, le quali furono tempestivamente stampate: la prima, dal titolo Nel solenne aprimento della Università di Modena felicemente ristaurata, ed ampliata da S.A.S. Francesco III, duca di Modena, Reggio, Mirandola ec. ec. (1772), circolò anche in traduzione francese (1773?) e viene tuttora riconosciuta come uno dei manifesti italiani del movimento illuminista; la seconda, il più volte ripubblicato Elogio del principe Raimondo Montecuccoli (1776), è uno dei migliori saggi di prosa aulica italiana apparsi in tutto il Settecento e accrebbe non poco la notorietà internazionale del suo autore.
In materia economica, Paradisi fu un ascoltato consigliere di Francesco III.
Il nostro personaggio è tuttora noto anche come uno dei principali ammiratori della Commedia dantesca attivi nel XVIII secolo, un periodo nel quale il dominante clima culturale razionalista portava spesso i letterati italiani e stranieri a indirizzare a quel celebre poema critiche feroci.
Nel 1780 Paradisi assunse la carica di presidente dei Pubblici Studi di Reggio Emilia: in quella veste, si sforzò di promuovere l’istruzione locale e di far rinascere un centro di cultura universitaria nella città di Ariosto, immortale poeta di cui era discendente sua moglie Massimilla Prini (la soppressione del locale Ateneo risaliva al 1772).
Per tutta la vita dell’intellettuale emiliano, un profondo sentimento della grandezza e delle potenzialità della Penisola lo stimolò a difendere la lingua e il patrimonio letterario italiano di fronte agli attacchi che da tempo molti dotti (anche non stranieri) indirizzavano ad ambedue; in quel periodo, si stava formando nel Bel Paese il senso di appartenenza e d’identità nazionali, specie sul piano della cultura.
Il nostro personaggio fu un insigne esponente della gloriosa e composita “scuola sperimentale” estense: con le sue idee e il suo operato, infatti, egli dimostrò molto bene come, nel Ducato di Modena, il pensiero riformatore al tempo fosse – per così dire – “di casa”, in quanto possedeva un solido retroterra culturale che affondava le radici nel XVII secolo e che risultava basato sullo “spirito galileiano”, cioè sulla «sperienza». Questo contribuisce a spiegare perché, a partire dalla metà del Settecento, alcune tendenze, proposte e finalità tipiche dell’Illuminismo europeo abbiano potuto attecchire e adattarsi con una certa facilità negli Stati estensi.
Paradisi fu membro di innumerevoli istituzioni culturali: tra le più prestigiose, sono da annoverare l’Accademia della Crusca di Firenze e quella delle Scienze dell’Istituto di Bologna. Godette della profonda stima sia di molti eminenti uomini di cultura del suo tempo, spaziando da Voltaire (1694-1778) al summenzionato Carlo Goldoni, da Saverio Bettinelli (1718-1808) a Carlo Innocenzo Frugoni (1692-1768), da Francesco Algarotti (1712-1764) a Lazzaro Spallanzani (1729-1799), dal già ricordato Cesare Beccaria a Carlo Denina (1731-1813), sia di sovrani, come il re di Prussia Federico II (1712-1786, sul trono dal 1740 alla morte) e il più volte citato duca di Modena Francesco III.
Il primogenito di Paradisi, Giovanni (1760-1826), diventò anch’egli celebre: cospicui risultarono infatti i suoi meriti letterari e scientifici (poesia, storia, lingue greca e francese, eloquenza, diritto, fisica, geometria ecc.), e di grande rilievo fu la sua intensa e prolungata attività politica, svolta sotto il regime napoleonico.
Il nostro personaggio spirò a Reggio Emilia il 19 febbraio 1783. Fu inumato nella locale chiesa di San Domenico, a pochi passi dal Palazzo Gabbi (oggi Palazzo Tirelli), che era stata la sua dimora per molti anni.
A Vignola risultano attualmente intitolati a lui una strada, un Istituto d’Istruzione Superiore e un Circolo; nella rocca, è apposta una lapide che ricorda che il famoso intellettuale nacque al suo interno il 26 aprile 1736.
ALFIERI, Laura Margherita: Aspetti della cultura economica modenese nella seconda metà del XVIII secolo: Agostino Paradisi e Ludovico Ricci, in M.L. Fornaciari Davoli (ricerca diretta da), Economisti emiliani fra il XVI e il XVIII secolo, coordinamento di L.M. Alfieri, Modena, Mucchi, 1988, pp. 117-170.
EAD.: Gli scritti di Agostino Paradisi (1736-1783) e la pubblica felicità, «Bollettino Storico Reggiano», a. XXXIX (2006), n. 132, pp. 53-89.
CAGNOLI, Luigi: Elogio del conte Agostino Paradisi recitato nel solenne aprimento delle scuole di Reggio il dì XXV novembre MDCCCXI, in Poesie e prose scelte del conte Agostino Paradisi, 2 tt., Reggio [Emilia], Per Pietro Fiaccadori, 1827, t. I (senza titolo specifico), pp. V-XLVII.
Del presente testo esiste una II edizione corretta e ampliata: Elogio del conte Agostino Paradisi recitato nel solenne aprimento delle scuole di Reggio il dì XXV novembre MDCCCXI da Luigi Cagnoli, in Poesie scelte del conte Agostino Paradisi con l’elogio dell’Autore, Milano, Dalla Società Tipografica de’ Classici Italiani, 1830, pp. VII-LXVIII.
CAVATORTI, Giuseppe: Agostino Paradisi (1736-1783). Monografia. Parte I (1736-1764), Torino, Carlo Clausen - Hans Rinck [Villafranca (VR), Tipo-Litografia L. Rossi], 1907.
Dell’opera uscì solo questo primo volume.
DATTERO, Alessandra: Paradisi, Agostino, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. LXXXI, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, 2014, pp. 281-286.
Questa voce enciclopedica è disponibile anche nel sito web della Treccani, senza paginazione (ultimo accesso, 5 novembre 2022).
Elogio del Conte Agostino Paradisi del dott. Pietro Schedoni, Modena, Presso la Società Tipografica, 1789.
Il testo del presente volumetto venne poi migliorato e accresciuto due volte: II edizione, con lo stesso titolo, In Modena, Presso la Società Tipografica, 1793; III edizione, Elogio del conte Agostino Paradisi scritto dal sig. Pietro Schedoni, Modena, Per gli eredi Soliani, Tipografi Reali, 1819.
MONTAGUTI, Silvio - ARMANI, Giuseppe: Agostino Paradisi. 1736-1783, Vignola (MO), Centro di documentazione, 1983.
TAMASSIA, Franco: Le idee di filosofia politica e giuridica di Agostino Paradisi, in M.L. Fornaciari Davoli (ricerca diretta da), Economisti emiliani fra il XVI e il XVIII secolo, cit., pp. 172-259.
VENTURELLI, Piero: Verso il Risorgimento. Agostino Paradisi junior (1736-1783): vita, opere e patriottismo culturale di un grande illuminista italiano, «Il Pensiero Mazziniano. Democrazia in azione», N.S., a. LXVIII (2013), fasc. 3 [ma: 2014], pp. 11-40.
ID.: Agostino Paradisi iunior (1736-1783). Uomo di lettere e di teatro. Storico ed economista, «Bibliomanie. Letterature, storiografie, semiotiche», a. X (2014), n. 1 [complessivamente, n. 35], senza paginazione (ultimo accesso, 5 novembre 2022).
ID.: Agostino Paradisi il Giovane e la polemica letteraria italo-francese del 1765, «Gente di Panaro. Rassegna di storia, “storie” e cultura locale – Valle del Panaro», a cura del Gruppo di Documentazione Vignolese “Mezaluna - Mario Menabue”, n. 17 (2015), pp. 61-102.
ID.: Alexandre Deleyre, Agostino Paradisi il Giovane e la polemica letteraria del 1765 sulla (presunta) decadenza dell’Italia, «Montesquieu.it», n. 10 (2018), pp. 139-201.
Quest’articolo è disponibile anche nel sito web di «Montesquieu.it», alle pp. 1-35 (ultimo accesso, 5 novembre 2022).
ID.: Un ammiratore di Dante nel XVIII secolo, Agostino Paradisi il Giovane, «Montesquieu.it», n. 13 (2021), pp. 167-193.
Quest’articolo è disponibile anche nel sito web di «Montesquieu.it», alle pp. 1-15 (ultimo accesso, 5 novembre 2022).
VENTURI, Franco: Ritratto di Agostino Paradisi, «Rivista storica italiana», a. LXXIV (1962), fasc. 4, pp. 717-738.
Nel XVIII secolo, erano tutto sommato poche le persone colte che, in Italia come all’estero, ammiravano la poesia di Dante: a quell’epoca, infatti, si preferivano generalmente opere in versi caratterizzate da un disegno armonico e da uno stile chiaro, elegante e sostenuto, e prive di nozioni e rimandi filosofico-teologici tratti dalla Scolastica; la Commedia, invece, era contraddistinta non di rado da un lessico basso e veniva ritenuta troppo oscura, disordinata e intrisa di idee medioevali.
Nonostante il clima culturale razionalista che dominava ai suoi giorni, Paradisi tributò per tutta la vita elogi alti e convinti al grande Fiorentino. E, anzi, a contribuire parecchio a far conoscere e apprezzare in tutt’Italia l’autore emiliano, quando egli aveva da poco superato i vent’anni d’età e non era quasi per nulla noto fuori dal Ducato di Modena e dal Bolognese, fu proprio l’uscita di una sua ispirata ode in risposta alle anonime Dieci lettere di Publio Virgilio Marone (In Venezia, 1758 [ma: fine 1757]), la seconda e la terza delle quali appaiono assai dure nei confronti del poema dantesco. Quando nessuno sapeva ancora con certezza che era stato Saverio Bettinelli (1718-1808), gesuita mantovano che stava diventando uno dei più rinomati e influenti (ma pure controversi) intellettuali italiani del tempo, a vergare quelle epistole, Paradisi mandò alle stampe propri versi in difesa di Alighieri all’interno di un’importante rivista veneziana nel dicembre 1758 (Contra l’Autore delle Lettere Pseudo-Virgiliane al Signor Canonico Ritorni, «Memorie per servire all’istoria letteraria», t. XII [luglio-dicembre 1758], pp. 473-478; Gioseffo – o Giuseppe – Ritorni [1723-1795] era un insigne uomo di Chiesa a Reggio). Tale poemetto, composto in levigati e robusti endecasillabi sciolti, pone in risalto la capacità dantesca di parlare magistralmente dei misteri divini, di scrutare in profondità l’anima umana e di tratteggiare immagini memorabili.
Paradisi fece poi confluire questa riuscita apologia, che meritò a lungo lodi da più parti, nel suo piccolo volume Versi scioltiIn Bologna, A S. Tommaso d’Aquino, 1762 (dove compare, sotto il titolo di Al Sig. Canonico Gioseffo Ritorni. Sopra il Dante e con svariate modifiche – anche significative – rispetto al testo dell’editio princeps, alle pp. 31-37). Tale raccolta vide di nuovo la luce a stampa dodici anni dopo la morte dell’Autore: In Genova, Nella Stamperia di Andrea Frugoni, 1795 (il componimento in oggetto vi figura, come Al Signor Canonico Gioseffo Ritorni. Sopra il Dante, alle pp. 24-28).
Il 3 marzo 1765 scoppiò un’acerba guerra letteraria italo-francese che vide Paradisi tra i protagonisti.
Questa veemente contesa, a dispetto della sua breve durata, ebbe il duplice considerevole effetto di contribuire a ravvivare il sentimento nazionale in una porzione non trascurabile del mondo colto degli Stati e staterelli preunitari, e di far crescere la coscienza dell’unità culturale e morale del Bel Paese.
Che cosa accadde il 3 marzo 1765? Uscì nella rivista parigina «Gazette Littéraire de l’Europe» una Lettre écrite de Parme aux auteurs de la Gazette Littéraire, le 3 Janvier, lasciata anonima. In questo scritto, l’Italia veniva accusata di essere ormai da tempo in piena decadenza morale, culturale, politica ed economica, e le era suggerito di ispirarsi a Paesi più sviluppati e civili, a cominciare dalla Francia, così da progredire. Il nome dell’autore di tale Lettre non rimase celato a lungo: si trattava di un controverso philosophe originario della Gironda, Alexandre Deleyre (1726-1797), che in quel periodo era ospite presso la Corte ducale di Parma.
Tra le prese di posizione avanzate dagli uomini di cultura italiani contro la Lettre di Deleyre, le più lucide e ragionevoli furono senza dubbio quelle di Paradisi, che inviò al foglio veneziano «La Minerva o sia Nuovo giornale de’ letterati d’Italia» un’Epistola ai Signori Compilatori della Minerva sopra un’Epistola Francese scritta in biasimo dell’Italia, firmata con le iniziali del suo nome e del suo cognome seguite da puntini, e datata 11 settembre 1765. Tale testo apparve nel numero della rivista uscito il mese successivo.
L’Epistola paradisiana, che venne poi diffusa sotto forma di opuscolo (Sopra lo stato presente delle Scienze e delle Arti in Italia. Lettera di A.P. contra una Lettera Francese del Signor D... Seconda Edizione accresciuta da alcune Osservazioni, In Venezia, Appresso Antonio Graziosi, 1767), offrì una risposta, ben argomentata e decisa nel tono, alla Lettre écrite de Parme. In quest’ultimo scritto, a giudizio dell’intellettuale nato a Vignola, il quadro dell’Italia appariva troppo ingeneroso e malevolo, e più volte le tesi sfioravano il ridicolo, in quanto era nota alla stragrande maggioranza dei dotti europei coevi la presenza, nei diversi Stati della Penisola, di istituti, laboratori, Università, Accademie ecc., dove moltissime persone, coltivando assiduamente le lettere, le scienze e ogni genere di arte, stavano ottenendo risultati di prim’ordine nel processo di rinnovamento della cultura, un processo che stava investendo numerosi campi, dalla poesia al teatro, dall’anatomia alla giurisprudenza, della geologia all’algebra, dalla chimica dalla biologia, dalla fisica alla storia.
Quella di Paradisi fu una reazione ferma e circostanziata che, pur nella polemica sferzante, non risultò affetta da “passatismo” e non intendeva tagliare i ponti con la cultura francese, e questi aspetti differenziarono con nettezza il suo intervento da altre prese di posizione avanzate, in privato come in pubblico, contro la Lettre écrite de Parme da un certo numero di autori italiani.
PRIMA PROLUSIONE
Il 25 novembre 1772 prese avvio ufficialmente il primo anno accademico del rinnovato Ateneo della metropoli estense con un discorso che Paradisi recitò nella chiesa di San Carlo. Quest’allocuzione inaugurale, subito stampata sotto il titolo di Nel solenne aprimento della Università di Modena felicemente ristaurata, ed ampliata da S.A.S. Francesco III, duca di Modena, Reggio, Mirandola ec. ec. […] (In Modena, Presso la Società Tipografica, 1772), rappresenta – per certi aspetti – uno dei manifesti del moto riformatore italiano: mentre fa trasparire l’influenza del modello costituito dal Discours préliminaire di d’Alembert all’Encyclopédie collocato in testa al primo tomo dell’opera (1751), mostra inequivocabilmente la vicinanza delle posizioni del nostro letterato a quelle di colui che fu una specie di “padre nobile” di buona parte della classe dirigente estense della seconda metà del Settecento, e cioè Lodovico Antonio Muratori (1672-1750).
Paradisi pone qui in risalto il ruolo del sapere nell’assicurare la prosperità dello Stato e raffigura l’Università come il simbolo e lo strumento del regno della «filosofia». Chi studia deve mettere a disposizione della società le varie conoscenze delle quali entra via via in possesso, e di esse il sovrano si può servire per raggiungere il fine superiore di perfezionamento della natura umana, attingibile soltanto nello Stato e attraverso lo Stato. In questa sua orazione, poi, l’autore emiliano non manca di celebrare l’ordine estense come un sistema politico nel cui ambito la «ragione» non è impedita nel conseguimento, attraverso le scienze e le arti «utili», della «pubblica felicità».
In una versione lievemente modificata, con titolo identico e inedite note in coda, l’opera venne poi impressa a Torino e fatta seguire, nello stesso volumetto, dalla traduzione francese approntata da Gaetano Tori (m. 1779), ministro estense alla Corte sabauda: Nel solenne aprimento della Università di Modena felicemente ristaurata, ed ampliata da S.A.S. Francesco III. duca di Modena, Reggio, Mirandola ec. ec. […]. Nuova edizione, Torino, Nella Stamperia Mairesse, s.d. [1773?].
SECONDA PROLUSIONE
Nel 1775 Paradisi dedicò al più famoso dei Montecuccoli, il grande condottiero imperiale ed eminente letterato secentesco originario del Frignano estense, la prolusione universitaria (era stato disposto che, all’inizio di ogni anno accademico a partire dal 1774, si celebrasse, con pubblico encomio, un illustre defunto del Ducato di Modena). Questo Elogio del principe Raimondo Montecuccoli, che egli pronunciò il 25 novembre nella chiesa di San Carlo, non tardò a uscire dai torchi (Bologna, Dalla Stamperìa di Lelio della Volpe, 1776 [due edizioni]). Lo straordinario successo ottenuto dall’opera indusse altri stampatori a ripubblicarla due volte prima della fine del XVIII secolo (in Elogj italiani, 12 tt., In Venezia, Da Piero Marcuzzi, s.d. [1782?], t. VI, primo dei quattro elogi ivi contenuti, ognuno con propria sequenza di pagine; in volumetto a sé, s.n.t. [ma: Parma, Co’ tipi Bodoniani, 1796]).
La raffinata oratoria, i puntuali riferimenti militari e le analisi condotte con cognizione di causa rendono il testo paradisiano uno dei più bei saggi di prosa aulica italiana apparsi in tutto il Settecento. Lodi vennero indirizzate a quest’allocuzione non solo da ambienti culturali e politici del Bel Paese, ma anche da importanti personaggi di altre parti d’Europa: tutti, comunque, mostrarono di ammirare l’idealizzazione dell’integralità umana delineata nella figura del condottiero eroico che fu – insieme – letterato eccelso; dunque, mentre sapeva unire alla virtù personale la capacità di trasfonderla nelle masse, egli poteva contare su un’estrema versatilità e su una rara completezza enciclopedica del sapere. Tra coloro che non mancarono di apprezzare molto quest’opera, va ricordato almeno il re prussiano Federico II, che in merito il 5 dicembre 1781 vergò e inviò a Paradisi una missiva piena di encomi: il testo di essa, insieme con quello della precedente lettera (senza data) che l’autore estense aveva voluto accompagnasse la copia dell’Elogio donata al sovrano, venne subito impressa su foglio volante (Lettre du comte Paradisi à Sa Majesté le Roi de Prusse en lui envoyant son Eloge du Prince Montecuccoli. Response de Sa Majesté, Reggio [Emilia], Per Giuseppe Davolio, 1782).
Furono parecchi gli intellettuali italiani che della suddetta prolusione, accanto all’armonica combinazione dei caratteri propri dell’immagine dell’“uomo integrale” cara al Rinascimento con quelli tipici dell’allora emergente modello protoromantico dell’individuo, lodarono la forte tensione morale e patriottica che la anima. Nell’Elogio, in effetti, si percepisce vibrare un vivace sentimento di amor patrio ferito dalle vicende storiche, in un’Italia sentita come vera patria a dispetto del frazionamento in diversi Stati. La celebrazione delle virtù di un grande personaggio del passato – si coglie fra le prudenti righe dello scrittore emiliano, mai dimentico della sua condizione di suddito estense – possiede anche l’obiettivo di spingere gli Italiani del tempo, sovente ancora divisi e scoraggiati, a collaborare per promuovere il riscatto generale di una nazione che stava cominciando a riconoscersi come tale; e Paradisi sembra convinto che un’orazione come questa non possa non fare scaturire nei lettori un vigoroso spirito emulativo, avendo la sua opera a oggetto una delle più indiscusse glorie della storia del Bel Paese. Va dunque da sé che codesto scritto vanta un ruolo non trascurabile nel processo di maturazione negli Italiani della coscienza della loro vocazione a essere un solo popolo in una patria unitaria.
Nei brani presenti in questa sezione, si è deciso di conservare inalterate la grafia dei vocaboli e la punteggiatura, e di normalizzare gli accenti alle convenzioni tipografiche odierne.
Le lodi degli Uomini illustri e preclari non meno si debbono reputare un tributo verso coloro, da’ quali venne l’uman genere decorato e beneficato, che un argomento di generosa emulazione istituito ad eccitare nei viventi per la ricordanza de’ trapassati quella virtù, che molto meglio per gli esempli si scuote, che per gl’insegnamenti. E se la virtù, qualunque ella sia, di qualunque età, di qualunque nazione, ha diritto di essere ammirata sempre, ed imitata; par nondimeno che ella prenda un maggior grado di forza e di energìa, quando più da vicino ne appartiene, sia per ereditaria ragion di famiglia, sia per pubblico titolo e comune di patria.
Elogio del principe Raimondo Montecuccoli del conte Agostino Paradisi reggiano [...], Bologna, Dalla Stamperìa di Lelio della Volpe, 1776 (due edizioni), pp. 7-8 (incipit).
Palazzo (o Villa) Albergati di Zola Predosa. L’opera viene comunemente attribuita a Giuseppe Valiani
(o Valliani, o Vagliani), artista pistoiese i cui estremi cronologici sono il 1731 e il 1800;
se l’autore fosse davvero lui, è pensabile che questo quadro risalga all’incirca al 1770-1780, decennio in cui
egli fu al lavoro presso il Palazzo Albergati, dove realizzò alcuni affreschi (volte di camere, al terzo piano). Fonte dell’immagine: google.com
Bartolomeo Cavaceppi (1716 ca. - 1799); collezione privata.
Fonte: google.com
Caterina Piotti Pìrola (1800-1842?), ritratto postumo di Paradisi, incisione pubblicata per la prima volta nel 1837 o nel 1838, a partire da una pittura. Fonte: Iconografia dei celebri vignolesi. Opera edita per cura di Francesco Selmi, Modena, A spese di Giuseppe Lupi librajo, 1839. Il piccolo libro in oggetto è una pubblicazione periodica di natura collettiva costituita di sette dispense singole (le quali presentano in alcuni casi note tipografiche parzialmente diverse da quelle che si trovano nel volumetto rilegato, ad esempio «Presso il libraio Giuseppe Luppi»; quest’ultimo, peraltro, risulta il nome corretto del libraio modenese), così intitolate: Jacopo Cantelli, Lodovico Antonio Muratori, Jacopo Barozzi da Vignola, Pietro Antonio Bernardoni, Agostino Paradisi, Giuseppe Soli, Veronica Cantelli Tagliazucchi. L’incisione della Piotti Pìrola apre la dispensa su Paradisi, il cui testo scritto è firmato in calce da Francesco Predari.
L’opera è stata eseguita per il Circolo “Paradisi” di Vignola.
(il Collegio è tuttora accolto nel palazzo cinquecentesco in fondo). Fonte: google.com
(Contra l’Autore delle Lettere Pseudo-Virgiliane al Signor Canonico Ritorni,
«Memorie per servire all’istoria letteraria», t. XII [luglio-dicembre 1758], dicembre 1758, pp. 473-478). Fonte: google.com
dell’ode che il poeta emiliano vergò in difesa di Alighieri
(Al Sig. Canonico Gioseffo Ritorni. Sopra il Dante, in Versi sciolti del Signor Agostino Paradisi nobile reggiano,
In Bologna, A S. Tommaso d’Aquino, 1762, pp. 31-37). Fonte: google.com
trattasi della versione a stampa del testo della prolusione all’anno accademico 1772/1773. Fonte: google.com
Fonte: google.com
Reggio [Emilia], Per Pietro Fiaccadori, 1827. Fonte: google.com