Le più utili, le più grandi verità e le più ingrate che mai orecchio d’uomo udisse, presero forma fino ab antiquo di favole e di parabole per rendersi o intelligibili più agevolmente o meglio accette alle moltitudini. Perciò, volendone io ricordare qualcuna al secolo nostro che sembra dimenticarle volentieri, e dirgliene anche di nuove o delle più ignorate, seguito l’accorto e lodevole costume dei vecchi, e favoleggio nel presente volumetto come si leggerà da chiunque abbia pazienza di scorrerlo da capo a fondo. Il quale volume accatterà grazia o incontrerà sfavore? Chi potrebbe indovinarlo! È il mondo una specie di palato bizzarro e mutevole, che ora gusta i peperoni, ora il giulebbe, ed a cui in certi casi parrà scabra la gelatina, ed in altri troppo molli le spine dei carcioffi; onde niuno può congetturare se veruna cosa novella sarà ricevuta da lui con liete e festevoli accoglienze, o respinta con dispetto e vergogna. O caro parto delle mie viscere intellettuali, arrischiati, mettiti innanzi e osserva che cera ti facciano: [1] se graziosa e sorridente, viaggia allegro per Italia tutta; se brusca ed arcigna, torna indietro e raccogliti nel seno dell’amorevole padre tuo, che vi ti nasconderà, vi ti custodirà pietoso sino a che viva [2] e in ultimo ti raccomanderà caldamente all’affetto de’ suoi eredi.
[1] Nell’originale, qui è presente un punto e virgola.
[2] Nell’originale, qui è presente una virgola.