La terra e l’acqua vennero in fiera stizza contro il fuoco, non per offesa ricevuta, sibbene per una somma di altre ragioni, le quali parvero loro sì buone e calzanti da inviperirsi nell’odio, e da giurarne lo sterminio. Ecco in breve i motivi dell’odio.
L’acqua sale in alto trasformata in rado vapore, e aleggia nelle regioni dell’aria, lieta e superba del privilegio; ma le duole pur troppo di ricadere a basso per ogni rigore di freddo che sopravvenga, in pioggia, in grandine ed in neve. Alla terra tocca anche di peggio, poiché è grande ventura se sminuzzata in forma di polviglio è trasportata in su poc’oltre il tetto delle case, indi precipita giù presto, e ritorna al suolo a soggiacere al calpestìo degli animali, non appena il vento, la cui mercè ebbe spiccato il salto, cessi dalla prima furia e si ammorbidisca in zeffiri leggieri. Ma il difetto di ricadere dopo il primo sollevarsi manca al fuoco; esso, per natura sua, tende alle origini, al cielo d’onde venne; e da sé senza aiuti altrui s’innalza fiammeggiando, espandesi, irraggia, vibra nell’immenso spazio, ignorando confini al cammino velocissimo, e sì gagliardo da superare gli ostacoli che si contrapponessero per via a’ suoi dilatamenti; non mai si ritorce al basso come richiamatovi o costrettovi da forza altrui.
Se poi l’acqua svanisce in fluido sottile è opera di lui, tanto che,* se non la soccorre, tosto dessa ridiscende, mortificatamente. Così quando la terra si risolve, in qualche caso, in atomi, è effetto pure da lui partorito, che può quando voglia e quando vi spenda la smisurata sua forza, struggere e disperdere in esalazioni tenuissime ed evaporare la più pertinace delle sostanze a fissezza.
L’acqua si tinge, si sporca, s’infogna, s’impaluda, e n’acquista torbido, puzzo e mal gusto, ne diviene attossicata da ammalare mortalmente uomini ed animali che per isventura la bevano corrotta. Pensi poi ognuno se la terra, la quale è fango già per sé, che riceve nel suo seno carogne ed altre putredini, e dalle viscere sue erutta materie fetenti e micidiali, potrebbe mai chiamarsi una cosa monda di sozzure! Avviene che se ne purghi? Come lo fa? si sottopone a tormento di fuoco ed eccola purificata.
Ma il fuoco non teme macchia; espelle da sé in fumo ed in faville ciò che vi s’immischia impuro; liquefà, rende in vapore, distrugge, sbalestra lontano gli impedimenti che gli si accumulano di sopra, vi serpeggia tra mezzo, li lambisce, li compenetra, e dopo questo eccolo risorgere fuori in vampe, in raggi, nulla ricevendo di bruttura nel suo passaggio vittorioso.
L’acqua e la terra, avendo riconosciuto da questi confronti quanto fossero meno nobili del fuoco, lo abborrivano fieramente** e si disposero a muovergli acerba guerra, assalendolo all’impensata, deliberate od a soffocarlo tra ambedue, od a costringerlo a rinnegare la sua celeste natura.
Dopo il partito preso, si accinsero al combattimento*** e sorpresero il rivale, l’una rovesciandoglisi addosso a torrenti, a fiumane, a cateratte, ad oceani; l’altra sconvolgendovi sopra macigni, montagne, alpi e isole e continenti interi. Sbalordito in sulle prime parve si estinguesse, e le nemiche nell’empito della gioia scoppiarono in tremendo fragore di vittoria; se non che, un rimbombo,**** un rugghio formidabile, il quale risuonò paurosamente nell’universo, successe immediato, con globi immensi e lingue interminabili di fiamme, con un vastissimo incendio che irruppe di mezzo da quella catena di monti sovrapposti e di mari in gran tempesta. Il fuoco, visto il pericolo, erasi riscosso ed aveva ripigliato in pieno vigore la sua possa spaventevole. La battaglia fu tale che la penna non sa descrivere. L’acqua sibilando, crepitando, in bollori violenti, in trombe, in nugoli turbinosi, si dissipò rapidamente; la terra si abbrustì, si cosse, fluì in lava rovente, proruppe in impeti di ceneri e di lapilli igniti, e sgomentata si rifuggì qua e là, restando arsicciata e guasta da non tornarle più la volontà di arrischiarsi all’impresa temeraria.
Il fuoco ripigliò pacificamente le sue abituali operazioni, tranquillo del fatto suo, certo delle impotenti aggressioni e del macchinare inutile delle due avversarie, contro alle quali non meditò vendetta, né portò rancori, indifferente all’odio ed all’amore per esse. Questo modo sì degno di comportarsi***** riuscì più efficace di qualsivoglia bravata; e indusse coloro a consigli più avveduti: di fatto si ammansarono in breve e deliberarono di cercare accordi di pace per l’avvenire.
D’allora in poi, tutti tre procedettero in buona armonia, e, se per avventura salta qualche grillo in capo o alla terra od all’acqua, subito il fuoco si scuote, irrompe****** e le punisce con un suo guizzo della momentanea audacia.
La rettitudine, l’alto ingegno sono cose del cielo e risalgono sempre, dirittamente, al loro principio. Che val mai far loro contrasto? Sembrerà per poco non si sperdano; ma di lì a poco risorgono più vigorosi e raggiungono la loro meta senza che malizia umana possa arrecare impedimento il quale li storni o li sbigottisca.
* Nell’originale, qui non è presente una virgola.
** Nell’originale, qui è presente una virgola.
*** Nell’originale, qui è presente una virgola.
**** Nell’originale, qui non è presente una virgola.
***** Nell’originale, qui è presente una virgola.
****** Nell’originale, qui è presente una virgola.