CELEBRI VIGNOLESI

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L’amorino* e le sue sventure



Un gagliardo buffo di vento sollevò un nugolo di polvere da un giardino, e con esso diversi semi che portò via, turbinò per più ore e nel posare dell’impeto disperse qua e là. Un seme maturo di amorino dopo lungo errare cadde alla fine in un campo incolto, invaso dalle ortiche, dalle vulvarie e da altre piante selvatiche.
Ivi germogliò con istento; ma per l’ingratitudine del terreno sarebbe morto in breve, se non fosse uscito da pianta sana e vigorosa. A poco a poco alzò il suo gambicino e vegetò tra que’ rozzi compagni, di natura troppo strana in paragone di lui.
Finché non contava che poche foglie non ebbe discernimento a sufficienza per conoscere la mala compagnia, e il suo infortunio; ma, crescendo, tantosto si avvide che la peggiore delle sventure avevalo sbalestrato fin colà, d’onde chi mai avrebbelo levato? Oh nel deserto suolo la buona inspirazione conduca qualche leggiadra e cortese fanciulla, che se n’accorga, e lo scavi colle radici e lo trapianti ne’ vasi di cui orna modestamente la sua finestruola!
Quando mise il primo fiore gioì il meschinello come suole la più infelice delle madri alla nascita di un suo figliuolo; se non che tosto ne venne anche addolorato.
Pensava che il proprio seme sarebbe ivi rimasto e avrebbe prodotto altre piante non meno sfortunate di lui; ed inoltre dal soave profumo del suo fiore gli si rendeva più molesto il putridume dei vicini coi quali conviveva. Costoro, cui giunse frammezzo alle loro fetenti esalazioni alcun atomo di quel piacevolissimo olezzo, s’indignarono che una meschina pianticella, caduta tra di loro a caso, ardisse di spander all’intorno aliti di squisita fragranza; giurarono all’amorino un odio mortale: o indurlo ad elaborare ne’ suoi organi un odore simile al loro proprio, od ucciderlo. Perciò gli arrecavano ogni maggior molestia che potessero, gli avventavano contro nembi del loro puzzo e ne l’avvolgevano in densa atmosfera; e con più sottile tristizia trasudavano dalle radici certo umore maligno**, che trapassava nel terreno, d’onde le barbe di esso avrebberlo fatalmente succhiato. Quando l’umore gli fosse entrato dentro e gli si fosse commisto nella linfa, sarebbene succeduto o corruzione o morte.
Frattanto alcuni insettuzzi, invitati dal dolce profumo del fiore, gli si erano accostati, togliendosi dalle ortiche e dalle vulvarie, e sceltolo a dimora. Essi ne traevano un mite alimento, zuccherino, sostanzioso, molto differente dal quell’acre*** ed inebbriante che loro porgevano le piante abbandonate. Il tapino tra quelle sciagure consolavasi almeno di questo, che là in mezzo**** non fosse inutile del tutto, tornandone un po’ di bene a quelle piccole creature.
Nondimeno i lunghi patimenti l’ebbero sì spossato di forze ed abbattuto di animo da non sospirare che la fine dei suoi miseri giorni. Prorompeva spesso tra sé in lamenti compassionevoli e,***** poiché conosceva di non potere sradicarsi di colà, implorava dal cielo o fiera gragnuola, da cui fosse pesto e reciso, o siccità perversa che lo inaridisca.
Uno de’ suoi minimi abitatori udì più volte le querele, e ne lo rampognò, dicendogli: «Tu****** ti desideri la morte, e non consideri che il continuare de’ tuoi giorni, giova pur tanto a noi i quali ci accolsimo all’ombra tua e n’avemmo indicibili benefizi. Caduto tu che avverrà di noi meschinelli! Noi ti siamo grati delle tue amorevolezze, e ti circondiamo del nostro affetto riconoscente, affine di alleggerirti alquanto dai mali che ti opprimono. Suvvia; fatti coraggio! Mostrati indomabile nelle tribolazioni, e non ti mancherà un dì la ricompensa!»
E il fiore rispose: «Amici!******* da che mi schiusi nel primo germoglio fino a questo punto io soffrii orribilmente, e le insidie de’ miei vicini, d’onde non ho mezzo di trafugarmi, me ne preparano delle peggiori. Fino ad ora mi difesi e mi salvai; ma potrò restarne sempre immune? Io chieggo adunque giustamente, o pace in luogo tranquillo, o termine della vita amara: e voi, oh mi duole lascarvi! voi già allevati, ammaestrati da me, liberi di tradurvi altrove, provvederete da voi medesimi ai vostri bisogni, ricoverandovi presso piante innocenti. Confido che persevererete nel retto, e ciò mi tempera il cordoglio di dividerci. Vivere in perpetuo non è concesso; e vi deve oramai bastare, che fossi con voi il tempo necessario per educarvi ad oneste abitudini, e darvi a gustare il prezioso sapere delle virtù.»
Mentre ciò diceva, passò a caso un giovane cacciatore che per accorciare la strada traversava quel campo incolto e, avventurosamente fermatosi,******** sedette a prender fiato presso all’amorino di cui sentì maravigliato l’odore gradevole: guardando d’onde provenisse scoperse la pianticella. Strano! sclamò egli, in questi siti deserti un sì caro ed amabile fiorello. Io lo torrò, lo porterò alla mia fidanzata, trapiantandolo in un vaso di maiolica, ed ella se lo terrà pegno d’amore e ricordo delle solenni promesse di domani.
Nel giorno seguente, nella stanza verginale della futura sposa il ravvivato amorino diffondeva una fragranza gentilissima, nella quale la fanciulla si avvolgeva inebbriata, quasi a respirarla come aura di quell’acceso sentimento che infiammavala dentro e le prometteva le maggiori felicità della vita.




* Nell’originale, figura qui tra parentesi tonde il numero 4, che rimanda al testo della relativa nota contenuta in Note, l’elenco delle note, verosimilmente tutte di pugno dell’Autore stesso, inserito subito dopo la fine dell’ultima favola della raccolta e subito prima dell’Indice. Ecco il testo di tale nota: «L’amorino. È molto conosciuto col nome di mignonet e di resedà.»
** Nell’originale, figura qui tra parentesi tonde il numero 5, che rimanda al testo della relativa nota contenuta in Note, l’elenco delle note, verosimilmente tutte di pugno dell’Autore stesso, inserito subito dopo la fine dell’ultima favola della raccolta e subito prima dell’Indice. Ecco il testo di tale nota: «Le piante trasudano dalle radici un umore escrementizio che vuolsi sia nocivo alle altre piante
*** Nell’originale, «quel acre».
**** Nell’originale, c’è una virgola.
***** Nell’originale, la virgola risulta in una posizione diversa: «compassionevoli, e poiché».
****** Nell’originale, le affermazioni dell’insetto non sono racchiuse tra caporali di apertura e quelli di chiusura; inoltre, si preferisce «tu» a «Tu».
******* Nell’originale, dopo «rispose» c’è una virgola e si scrive «amici».
******** Nell’originale, manca la virgola.




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