CELEBRI VIGNOLESI

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L’aquila* e la serpe



Dalla spaccatura di un macigno sbucò una serpe, mentre poc’anzi vi si era posata sopra un’aquila, sicché le due nemiche si trovarono vicine niuna di esse indovinando dell’altra. L’aquila in quella mattina, perché di più gaio umore del consueto, non precipitò a battaglia, ma,** piacevolmente chiamata la serpe, la invitò a colloquio, giurandole tregua per l’intera giornata.
Cominciò il discorso sulla stagione e, passando*** di mano in mano ad altri argomenti diversi, venne in fine a raccogliersi sulla questione di cui altre volte avevano già discusso tra di loro: ma, essendo ambedue in vena di cortesie scambievoli, scansarono i motti acerbi ed i risentimenti passionati, e seguitarono a ragionare in pace e piuttosto per le lunghe, ciascuna cercando sillogismi che puntellassero il proprio assunto. La serpe, costretta per natura sua a strisciare nella polvere e nel fango e a dimorare in cave profonde, umide, cupe, presumeva di provare non essere l’universo che mota in varia tempera di condensamento, e l’aquila, avvezza nelle regioni dell’aria, pure confessando che fossero di natura materiale gli splendidi globi seminati ne’ cieli, nondimeno sosteneva che, oltre alla materia, altre sostanze abbiano vita e queste di una natura speciale di cui non si può facilmente acquistare un degno concetto; e innanzi tutto propugnava l’esistere necessario di una Potenza suprema, ordinatrice, creatrice, provvidente delle cose.
La serpe,**** non potendone capacitarsi, s’incocciava nell’opporre negative fallaci***** e inventava stupende maniere di spiegare quei prodigiosi fenomeni di natura****** che paressero assolutamente indecifrabili colla scorta delle sue opinioni. Per accennarne ad una, diremo******* che attribuiva l’origine della luce del sole e delle stelle a quella stessa cagione onde fosforeggia il legno putrefatto, e quasi campava nello spazio immensi pezzi di legno fosforescente a rappresentare quelli che noi chiamiamo astri del giorno ed astri della notte. L’aquila ne rise e finalmente, per******** troncare l’interminabile questione e cercare mezzo di persuaderla colla visione del fatto, proposele d’intraprendere un viaggio negli spazii dell’infinito, ove dessa l’avrebbe trasportata.
La serpe titubò, forse per timore di qualche pensiero occulto di tradimento, né piegossi ad accettare la proposta offertale se non quando l’altra le disse********* che, se non bastassele il giuramento di rispettarne la vita e renderla in terra incolume dai pericoli, avrebbele dato altra malleveria da cui essere sicura di qualsivoglia insidia che fosse per sospettare. E perciò le suggerì di attorcigliarsele con una spira intorno al collo, in modo da levare il capo alla medesima altezza che il suo, e di raffermarsi colla coda ad una zampa, onde non avrebbe potuto ricevere offesa, ma piuttosto offendere qualora fossele per venire il mal talento. L’aquila,********** poi, non si abbandonò con soverchia sicurtà alla compagna*********** e si tenne avveduta, onde,************ al menomo moto che accennasse ad intenzioni ostili, potesse o frenarla tosto od anche punirla immediatamente della fede mancata. «Le vie per le quali ti meno tu non valicasti mai, e perciò non essendovi assuefatta devi prendere cautela di abituarviti a poco a poco. Ed in ispecie frena la curiosità dell’occhio che non rimanga abbagliato dal soverchio fulgore, avendo noi a veleggiare nell’oceano della luce.»
Dati questi avvertimenti,************* spiccò il volo e, colla************** rapidità di una freccia*************** dritta verso il firmamento, con forte frombare di ali e vigoroso fendere dell’aria, in breve salì tanto sublime da oltrepassare le nuvole; né stanca**************** né vogliosa di soprasedere, continuò sempre più in su, crescendo tanto di lena quanto più eccelsa poggiasse e trasportando la serpe in mondi ignoti, dove lo stesso sole pigliava apparenza di un punto scintillante***************** e dove perciò regnava il vuoto, l’abisso del vuoto, sconfinato, interminabile, in alto, in profondo, dai lati; il vuoto quale sembra a noi di vista inferma, ma quale è negli ordini imperscrutabili del creato.
Colà luce ed armonia piovevano dall’intorno senza ravvisarne l’origine, e si udivano parole arcane di suono potente e di significato consolante, che esaltavano la mente e commovevano il cuore, e, in****************** breve, inducevano ad innaturarsi quasi con quelle meraviglie, a trascendere fino a riceverne chiara intelligenza, a rendersi conformi all’essere di loro, a reputarsi parte del loro cielo. Ivi l’aquila spaziando ammirava nel loro fonte ed in limpida comprensibilità quei veri che ci paiono troppo reconditi ed astrusi quaggiù; ivi attigneva la ragione di credere in quello di cui quaggiù si va dubbiando, e ridiscendeva consolata, beata, in salda fede, in viva speranza, in amore ardente delle cose immortali e soprane.
La serpe, fitta colla mente nel fango e nella polvere, non prestò in sui primordii attenzione agli avvisi dell’aquila e, non******************* appena si sentì levata a mezza via, che tosto con isfacciata curiosità si diede ad osservare qua e là, finché nel suo impudente scrutare fu colpita da un raggio sì sfolgorante da restarne accecata e sbalordita. Laonde nulla più vide, nulla più intese delle divine bellezze e grandezze che si fecero poscia manifeste lungo il glorioso cammino. E, quando l’aquila la ripose sul suolo e******************** dimandolle che le ne fosse parso, rispose beffardamente********************* non avere mai vissuto in più fitta oscurità ed in più ostinato silenzio che nel viaggio intrapreso; e quello che avevale già narrato di splendori abbaglianti, di accordi melodiosi, di voci soavi, dell’infinito dischiuso, non altro giudicarlo********************** che parto di fantasia esaltata, sogni, illusioni, fole, scherzi, dei quali rideva di cuore, e sarebbe morta miscredente.




* Nell’originale, «acquila»; nell’Indice finale del volume, quest’intitolazione riporta la forma corretta, «aquila». Nell’originale del testo della presente favola, si utilizza sempre la forma «acquila», che noi in tutte le occorrenze trasformeremo nella forma «aquila».
** Nell’originale, qui non è presente una virgola.
*** Nell’originale, «stagione, e passando».
**** Nell’originale, qui non è presente una virgola.
***** Nell’originale, qui è presente una virgola.
****** Nell’originale, qui è presente una virgola.
******* Nell’originale, qui è presente una virgola.
******** Nell’originale, «rise, e finalmente per».
********* Nell’originale, qui è presente una virgola.
********** Nell’originale, qui non è presente una virgola.
*********** Nell’originale, qui è presente una virgola.
************ Nell’originale, qui non è presente una virgola.
************* Nell’originale, qui non è presente una virgola.
************** Nell’originale, «volo, e colla».
*************** Nell’originale, qui è presente una virgola.
**************** Nell’originale, qui è presente una virgola.
***************** Nell’originale, qui è presente una virgola.
****************** Nell’originale, qui è presente una virgola.
******************* Nell’originale, qui è presente una virgola.
******************** Nell’originale, «ed in».
********************* Nell’originale, «dell’aquila, e non».
********************** Nell’originale, «cammino, e quando l’aquila la ripose sul suolo, e».
*********************** Nell’originale, qui è presente il segno dei due punti.
************************ Nell’originale, qui è presente una virgola.




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