CELEBRI VIGNOLESI

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La camicia ed il ranno



Un telo di finissimo pannolino fu dato alla sartrice e trasformato in una camicia, tagliata con sì bel garbo e cucita con tale diligenza, che si meritò l’alto onore di vestire le membra leggiadre di una gentilissima persona. Questa camicia ebbe posto tra le robe più elette, e fu tenuta in serbo per indossarla la prima volta in un giorno di gran festa sotto abiti sontuosi, coll’olezzo soave dei quali dessa mischiò il suo schietto e fresco odore di pulitissima biancheria. Due o tre dì appresso levata di dosso, avviluppata e confusa con calze, mutande, moccichini e simili cose, fu gettata in un oscuro stanzino, e lasciata colà per qualche tempo in abbandono.
Se ne offese amaramente, e,* sdegnata di vedersi in miscea con altri panni, più grossi, assai più sudici di lei, querelandosene seco medesima, iva ripetendo: «Oh** l’ingrata che io avvolsi tra le mie ampie pieghe e copersi con sì delicato tocco che il più morbido tessuto non le molse mai tanto dolcemente la pelle! Ora, dopo che se ne valse, mi buttò a terra e mi fece cacciare in questo mondezzaio, dove il putridume di quei tralicci sbucati dalla cucina mi appuzza e mi ammorba. Potessi lacerarmi in pezzi, e ridurmi in minuzzoli che io lo farei da me incontanente!»
Inutili lamenti, che non le accorciarono di un minuto il tempo di essere tolta di colà.
L’ultimo giorno della settimana, dessa ed i pannilini compagni, furono consegnati alla lavandaia, che li ammucchiò senza un riguardo al mondo con altri di peggiore stato; indi li gualcì nell’acqua, e li dispose arricciati dentro un tino per passarli al ranno.
L’operosa donna aveva preparato una liscivia vigorosa e bollente che versò a mestole sopra il bucato, la qual liscivia permeando e feltrando attraverso i panni, ne rose la lordura e colò via dal fondo. La nobile camicia vistasi innondata da quello strano liquido, e, sentendosi morsa, fremette e scoppiò in imprecazioni, maledicendo al nuovo supplizio al quale l’ebbero soggetta.
Il ranno, che caldo caldo scendeva a basso l’udì, e le disse sorridendo: «Deh*** non t’inquietare di cosa che proverai finché ti basti l’essere di tela! Se ti fosse possibile di compiere il tuo uffizio senza raccogliere materie che imbrattino il tuo candore e la tua nettezza, niuno penserebbe a menarti per questa spinosa via della purga e del rinnovellamento! Ma ti consola della modestia che ti arreco: mercè mia e del fratello sapone, e della madre acqua diventerai sì monda, sì rimbiancata, che ti riverrà il pregio originale e di nuovo servirai d’indumento per la vicina solennità.»
La camicia seguitò a brontolare nonostante l’avvertenza ricevuta; a malincuore tollerò il liscio del sapone, il risciacquare nella corrente d’un torrentello, il tepore del sole ed il caldo cocente del ferro da stiratora. Ma,**** avvedutasi in fine della freschezza ricuperata***** e della preminenza riconcedutale, ritornò a migliore consiglio e desiderò sempre in appresso il tormento del bucato, perché senza di esso e stando col sudicio era tenuta più a vile di un cencio forbito.




* Nell’originale, questa virgola non c'è.
** Nell’originale, «oh».
*** Nell’originale, «deh».
**** Nell’originale, questa virgola non c’è.
***** Nell’originale, qui c’è una virgola.




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