Un minuzzolo di materia che un colpo di martello staccò da una roccia fu levato in alto dal vento, onde svolazzava qua e là, tutto gonfio di vedersi a tanta altezza, e sì leggiero da veleggiare nelle regioni dell’aria. S’incontrò nel suo vagabondare con una quantità infinita di atomi sì esili, sì attenuati (erano di quella sostanza eterea, che empie l’universo), che,* veggendoli a suo confronto più piccoli di un nano rimpetto ad un gigante, si diede a risa sgangherata, ed a sguaiate beffe, pigliando a gabbo tanti quanti gliene passassero vicino**.
Uno di essi, che l’udì, non si ristette dal rimbeccargli il disonesto cachinno e l’impudente vanitosità: «Non*** ci hai bell’argomento da menare trionfo di te e d’insuperbirti al nostro paragone! Chi sei tu? Un granello di polvere, portato in su per avventura da un soffio dell’aria, e che tosto ricadrai non appena cessi l’aiuto che altri ti porge. Che fosti in precedenza? Una particola di pietra greve, immobile, grossolana. Frappoco, incatenato dalla forza attrattiva che giù ti tira con invincibile prepotenza, tornerai a terra a confonderti coll’altra polvere, fra cui ti perderai ignota ed oscura per sempre. Noi ci semoviamo incessantemente nello spazio immenso; noi empiamo il vuoto; noi, scosse, vibriamo ondeggiando, e colle onde nostre diamo vita alla luce che illumina, al calore che scalda, all’elettrico che fa trabalzare e fulmina, al magnetico per cui girano le calamite. Privo il mondo di noi, il sole e le stelle non isplenderebbero più; non più fuoco; non più que’ rapidissimi torrenti della forza miracolosa la quale porta in un attimo a distanze straordinarie il pensiero dell’uomo. Quanto non pagheresti del tuo a valere la metà di ciò che noi possiamo! E,**** se un dì piacesse al Creatore di sublimarti al più eccelso grado cui s’innalzi la materia, tu ti svolveresti in minimi simili a noi, nosco ti uniresti, ed in allora e non prima acquisteresti qualità di qualche pregio.»
E l’atomo etereo nell’ardore del discorso tremolò più vivamente che mai, e brillò di un raggio abbagliante sul grano di polvere, che in un istante divenne visibile e luccicante perché da quella luce insolita fu inondato.
E costui capì***** il grande errore d’inalberarsi per essere soltanto più grosso, onde scese lentamente al basso, mortificato e pensieroso, non sapendo ancora dove si fermerebbe. Vicino a terra si accorse che iva a finire sul dosso di un’alpe e ne fu turbato; poiché in allora parve a se stesso cosa troppo meschina; privo delle straordinarie qualità degli atomi eterei non poteva gloriarsi di racchiudere in piccola mola una portentosa virtù, e riconoscevasi quasi un nulla in paragone della vasta ed altissima montagna su cui sarebbesi posato per rimanervi perduto come gocciola nel mare.
* Nell’originale, questa virgola è assente.
** Nell’originale, figura qui tra parentesi tonde il numero 3, che rimanda al testo della relativa nota contenuta in Note, l’elenco delle note, verosimilmente tutte di pugno dell’Autore stesso, inserito subito dopo la fine dell’ultima favola della raccolta e subito prima dell’Indice. Ecco il testo di tale nota: «Atomi eterei. Nell’universo empie lo spazio tra corpo e corpo una sostanza rarissima, di cui si dimostra l’esistenza per diversi modi, non ponderabile, e che fu detta etere: dessa, quando per varie cagioni si commuove e ondeggia, produce quegli effetti che si dicono del calorico, della luce, dell’elettrico e del magnetico.» Nell’originale, i due punti non sono in corsivo e dopo «dessa» manca la virgola.
*** Nell’originale, «non».
**** Nell’originale, questa virgola è assente.
***** Nell’originale, «E capì»; la forma da noi adottata proviene dall’errata corrige finale.