CELEBRI VIGNOLESI

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Un mazzo di fiori



Una leggiadra fanciulla giva a diporto nel suo giardino, peregrinando da fiore a fiore, e vagheggiandone le diverse bellezze, nel qual mentre vide un magnifico bottone di rosa, fresco, che schiudevasi allora sorridente al sole di maggio. Innamoratane, spiccollo dal cespo, indi avvicinatisi ad una siepe di gelsomini ne colse da inghirlandarlo all’intorno, cui aggiunse alcune foglie di geranio odorifero, componendo un graziosissimo mazzolino che lieta si collocò dinnanzi nel mezzo del petto. La rosa col suo vivace vermiglio, tra il bianco degli altri fioretti ed il verde delle foglie, brillava a somiglianza di stella solitaria nell’azzurro del cielo; a cui dava maggior risalto il nero abito della fanciulla, che da lungo tempo vestiva a bruno per antiche e ineffabili sciagure di famiglia.
Quale donna mai, primeggiando per bellezza tra le altre non se ne avvide e non se ne compiacque?
E così fece la rosa la quale,* accortasi di essere il più vago ornamento di vaga persona, cominciò a lodarsene dicendo:**
«Se un giorno fui acclamata la regina dei fiori, l’orgoglio della primavera, anche questa amabile giovinetta mi riconobbe tale, mi prescelse per sua gemma, e mi circondò a corteo di altri fiori meno venusti di me. Chi mi uguaglia nel brioso e gentile colore dei miei petali? Chi può vantare olezzo più soave del mio? Chi?...***»
«Amica, la interruppe il gelsomino, tu sei senza fallo la più avvenente di noi e niuno potrebbe negarlo. Ma pensa che a te non si conviene profondere in tuo onore quegli elogi che ti possono essere più opportunatamente tributati delle voci altrui. Ascolta: se tu vai gloriosa per forme e fragranza impareggiabili, altri non mancano, ciascuno in proprio, di uno speciale valore. Chi è prediletto per isplendidezza di corolla, chi per aliti delicatissimi, chi per saluberrimi succhi che racchiude. Io, sparutello come mi sono, mi vergognerei di mettermi al tuo confronto; nondimeno mi veggo amato, carezzato da chiunque si contenta che gli salga alle nari da un piccolo e modesto fiorellino un effluvio gradevole.»
«E perché contendere o compagni miei? intervenne il geranio. Io, più umile di voi due, io semplice foglia ardisco di rammemorarvi, che qui concorriamo insieme fratellevolmente a formare un mazzo; e ognuno di noi porge ciò che possiede, e il comune volere giova sì, che meglio ci torna essere uniti che se fossimo disgiunti. Dalla corona che ti facciamo, o rosa, tu n’acquisti magnificenza, mentre ti nascondiamo le spine dalle quali non ti puoi scompagnare affatto; e tu gelsomino, sposandoti a lei sembri più aggraziato, e la tua palidezza s’imbianca di più schietto candore. A me piace poi di sostenervi all’intorno, mescermi vosco e difendere col mio vigore la vostra delicatezza.»
Così, la pace tra quei fiori, turbata per brevi momenti, tosto si ricompone, e le loro parole si effondono in soavissimo nembo a dilettare la fanciulla che circonfusane vi s’innebria con innocente voluttà dell’anima.
È la parola dei fiori una melodia di onde odorose che tremola e si espande intorno dai loro petali; colla quale essi salutano in piena gioia la luce che li innonda in sul mattino, e rispondono alla dolce chiamata di chi li domanda dei loro tesori, accarezzandoli amorosamente col tiepido fiato.
La fanciulla godette del suo mazzolino fino a sera; poscia lo rinfrescò in acqua attinta allora e lo mise in un vasello per conservarlo. Lo curò studiosamente, lo rinnovò, e se lo tenne assai caro; e più volte gli ripeté in ammirandolo: «Oh se qualcuno un dì chiedesse i miei affetti, io li rifiuterei qualora non abbia rassomiglianza con te; sia di cuore amabilmente acceso come il vermiglio della tua rosa, di costumi candidi e semplici come la bianchezza dei tuoi gelsomini, e rinverdi sempre nei propositi virili a mo’ del tuo geranio! La prima dote del mio sposo consista nell’armonia delle nobili virtù, in quella guisa che dai misti profumi dei tuoi fiori nasce il dilettoso olezzo, che gratamente m’invita ad odorarti.»




* Nell’originale, questa virgola è assente.
** Nell’originale, risulta erroneamente stampato il solo punto in alto del segno dei due punti.
*** Nell’originale, i puntini sono quattro.




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