CELEBRI VIGNOLESI

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Il pastore e le capre



Un pastore aveva una mandra di pecore, mansuete, obbedienti, che ruminavano nel sito loro assegnato, e stavano accozzate insieme, senza divagare mai qua e là, timidette ad ogni menoma voce che le raccogliesse per ricondurle all’ovile.
Più tardi si procurò una mandria* di capre, ma avvezzo alla soggezione pecorina, cominciò a pretendere che nessuna capra si sbrancasse giammai, non s’inerpicasse a svellere i giovani ramoscelli degli arbusti, e corresse frettolosa al primo udire del solito fischio di richiamo.
Non ottenendo la voluta arrendevolezza a’ suoi comandi, provò il fiero argomento delle vergate, le quali insanguinarono più volte la schiena di quei poveri animali e ne azzoppicarono le gambe, senza efficacia alcuna per ridurli a maggiore docilità. Vista la mala riuscita, il pastore, dopo lungo consiglio tra sé, tentò altro modo che gli parve di più sicuro effetto, e fu quello di sbarbare e tondere ciascuna capra acciò si assomigliasse più d’accosto alle pecore, smugnendole inoltre e misurando loro scarsamente il cibo, nell’intendimento di mitigarne la capricciosa caparbietà. Disse tra di sé: tolto loro quel segnale della propria schiatta onde vanno tanto superbe, e tenute in digiuno, perderanno tracotanza e piegheranno umili la dura cervice; poscia insegnerò loro a belare pecorescamente, e le trasformerò in animali di mio gusto.
Ohimè il rimedio tornò pienamente a vuoto. Barba o non barba, fame o sazietà, le capre seguitavano ad incocciarsi nelle loro abituali maniere: si rifiutarono di apprendere il vociare delle compagne, per quanto, fattosene egli stesso maestro, loro battesse la solfa ogni dì, nel loro ovile. Alla fine, costoro perdurarono sì ostinate nella loro risoluzione, che indussero il pastore a cederle di nuovo ad un capraio, il quale, conoscendone la natura, le trattò a seconda della loro indole e delle loro inclinazioni, e in breve ne trasse quei vantaggi che l’altro padrone, per manco di accorgimento, non aveva saputo cavarne.




* Nell’originale, qui si legge davvero «mandria», mentre poco prima era stata preferita la forma «mandra». Altrove, nella raccolta, è presente la forma «mandria» (cfr., per esempio, Un nuovo cavaliere errante).




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