CELEBRI VIGNOLESI

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La volpe e le galline



Chi oserà negare che la volpe non sitisca il sangue delle galline, di cui cerca le pacifiche dimore, per introdurvisi di notte tempo e menarvi stragi orribili con insana crudeltà? Imperocché la mala e feroce bestia non si contenta di pascere le carni di una per acquetare la fame, ma piacesi di scannarle tutte, più godendosi dello strazio che ne fa e del macello compiuto, che non della lauta imbandigione procacciata al suo ghiotto palato. È rabbia di sterminio, non bisogno di cibo, quella frenesia che la indemonia; per cui, quando s’intromise ne’ pollai, sbalza qua e là, assanna, sgozza, squarcia; tanto meno sazia quanto più uccise delle vittime innocenti.
La volpe scoperse che nel pollaio di un ricco contadino avrebbe potuto penetrare da un pertugio che solevasi lasciare inavvedutamente aperto alla sera; avvisò il tempo opportuno, e, colto il bel momento, quatta, senza rumore, v’imbucò il muso, spinse innanzi la testa, poi il restante del corpo, e così, non osservata, fece il tacito ingresso nel luogo de’ suoi trionfi. Stette immobile, colle orecchie tese finché non ebbe certezza che ogni cosa fosse in placidissima quiete; e disponevasi appunto all’impresa, quando, dal vicino scalpicciare dei piedi di un uomo, si accorse che, o sospettavasi di lei, o se ne era scoperto l’ingresso. Fuggire erale difficile per l’angustia del forame; aspettare il contadino, peggio ancora, giacché colui sarebbe stato armato e avrebbela freddata in uno o due colpi senza fallo: qual consiglio prendere adunque?
Ella ricorse in allora ad una astuzia che, se fossele riuscita, poteva arrecarle salvezza; si accostò alle galline dormenti e con voce raddolcita fino al miele, incominciò a tentarne una, indi l’altra, svegliando prima questa e poi quella, secondo che dall’aspetto parevale meglio, e parlando a ciascuna parole sì umili, sì benigne, sì pietose che ne commosse i cuori e se ne guadagnò la compassione.
«Oh mie care, eccomi qua a stringere patto eterno con voi di pace perpetua e di amicizia indissolubile. Sia termine alla lunga guerra con cui combattemmo, la quale non giova a voi, che ne rimanete sagrificate, né a me, che sono in rischio frequente della vita. Con voi, abitatrici di questo luogo, io davvero non ebbi mai odio, non ragioni di vendette, poiché non m’ingiuriaste né in detto né in fatto; ad altre che m’insultarono, o resi la giusta mercede, o, con atto di clemenza di cui mi pregio, concessi modo di porgermi le scuse, che accolsi di buon grado, loro accordando il perdono implorato. Forse operai in qualche caso con troppa e precipitosa generosità, per cui ebbi a pentirmene in appresso; onde se considero meno alla loro gratitudine che alla mia larghezza, avrei ragione di esserne meno lieta; ma piuttosto è da abbondare che mostrarsi parchi di affetti magnanimi. Addio, o dilette! Da quindi innanzi ci vedremo senza sgomento vostro e senza scortesi minacce da mia parte. Addio!»
Le galline non sapevano se vegliassero o fossero in sogno; guardavano la loro fiera avversaria, dubitando non si prendesse solazzo del loro terrore e avesse trovato nuovo modo di tormentarle avanti morte. Ma, rinfrancate dalla faccia mansuetissima, dagli atti piacevoli, dalla amabilità espansiva onde ebbe loro rivolto il discorso, si rincorarono e credettero che fosse pentita del passato, desideroso del bene in avvenire, e forse in procinto di chiudersi in un romitorio o pellegrinare a S. Giovanni di Compostella, costretta, per penitenza dei peccati commessi, a quella straordinaria umiltà.
«Ohimè! – sclamò trasalendo la volpe, nell’atto che stava facendo le viste di partire; – qualcuno vigila e cerca di me! Udiste il camminare d’uomo che è poco stante? Oh me sventurata! Sarà dunque frutto del mio pentimento una barbara morte che mi sovrasta? E per cercare la tranquillità della coscienza e riannodare con voi i vincoli della fratellanza, sarei da me stessa incappata nel laccio? Oh misera, cento volte misera, a cui non rimane più lunga vita da mostrare col fatto quanto furono puri, leali e di fermo proposito i miei sentimenti! Amiche! ricevete da me l’ultimo saluto. Non rissovvengavi più de’ torti commessi contro qualche sorella vostra, e quando mi vedrete cadavere sanguinoso, compiangetemi e non mi maledite!»
Le galline, credendo nelle false dimostrazioni di colei e conquise da pietà profonda e verace, gridarono unanimi:* «Non sia che tu perisca in premio di un’opera buona! Noi ti salveremo! Saremmo crudeli se ti abbandonassimo in questo grave pericolo e permettessimo che il padrone ti avesse ad ammazzare. Vieni qua in questo canto, accosciati, impicciolisciti, nasconditi dietro il mucchio di paglia e noi ti si affolleremo intorno, ti copriremo, e ne avrai salva la vita.»
Appena la volpe ebbe pronunciato cenno di viva gratitudine e si fu cacciata nel nascondiglio, che il contadino, armato dal capo ai piedi e seguìto da un suo figliuolo, schiuse la porta ed entrò a perlustrare il pollaio, assai maravigliando che nulla trovasse e le sue galline se ne stessero tranquillissime.
«Eppure, ripeteva tra di sé, avrei giurato di coglierla qua, e se peranco non venne dev’essere poco lontana. Chi sa che non trovasse comodo di occultarsi nel fienile? Andiamo ad indagarvi.» Uscito che fu, la belva riconoscente sporse il muso tra il sospettoso ed il sorridente, ed osservato bene di esser ora mai sicura, si trasse tutta dal nascondiglio facendosi incontro con viso dolcemente compunto alle sue liberatrici, sulle quali, a dimostrazione del cuore commosso, si gettò all’improvviso, stramazzandole in un baleno con ispaventevole macello. Si satollò di sangue fumante e delle carni palpitanti; s’innebriò di voluttà ineffabile, perché l’inganno stupendamente riuscitole, e la vittoria piena, felice, gloriosa; avrebbe ambito che ciascun animale suo pari fosse presente alla grand’azione e ne l’applaudisse; le parve non essere stata giammai beata di più da che respirasse le aure vitali.
Abbeverata di caldo umore e saziata di cibo che guizzavagli in bocca nel masticarlo, contò di ritornare alla sua tana e colà smaltire in calmo riposo il lauto nutrimento; se non che, quando con lenta cautela, riprese il pertugio e, fuora a metà, fu in procinto di spiccare un salto e slanciarsi a corsa veloce a traverso dei campi, cadde per un colpo mortale di randello, applicatole sulla testa, e pagò il fio del barbaro e malvagio tradimento, agonizzando a terra tra spasimi atroci, finché un altro colpo non ebbela spacciata.
Il contadino, dacché, dopo avere frugato qua e là, non la iscoperse nel fienile, era venuto in pensiero di appostarla, aspettandola pazientemente, colla speranza che colei, cessata la paura di essere vegliata, uscisse fuora dal luogo in cui fosse riposta e tentasse d’introdursi nel pollaio a far preda. In contraccambio ne la video sbucare; prontamente le usò addosso il rimedio del suo nodoso bastone e le tolse per sempre la consuetudine d’insidiargli le galline e ripetere i ladronecci.




* Nell’originale, qui non sono presenti i due punti.




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