CELEBRI VIGNOLESI


Indice dei mesi



GIUGNO




4 giugno 1871: venne inaugurata dal sindaco Alessandro Plessi (1824-1907) la BIBLIOTECA COMUNALE DI VIGNOLA.

La prima sede di quest’istituzione culturale pubblica fu fissata all’interno della rocca di Vignola (all’epoca, di proprietà dei prìncipi Boncompagni Ludovisi e Residenza Municipale), e per la precisione nella Sala dei Tronchi d’Albero (già Camera dei Cimieri), ambiente di 70 metri quadrati che si trova al piano nobile del maestoso edificio. Era previsto il solo servizio di consultazione in loco nei giorni di martedì e sabato dalle 10 alle 13 e dalle 16 alle 18:30. Il nucleo librario più considerevole – per numero e importanza – della Biblioteca proveniva dall’ex convento locale dei Cappuccini (questo fondo era stato trasferito al Comune di Vignola nel 1868, due anni dopo il Regio Decreto che disponeva la soppressione delle Corporazioni religiose e la liquidazione del patrimonio ecclesiastico).
Secondo il regolamento, il direttore de iure della nuova istituzione culturale coincideva con il sindaco pro tempore, mentre esercitava il ruolo di direttore de facto il vicedirettore de iure della stessa (entrambi gli incarichi risultavano onorifici e gratuiti). Quest’ultimo, di nomina consiliare, era responsabile non solo della custodia dei libri, degli arredi e delle chiavi, ma anche di amministrare la somma stanziata annualmente a bilancio per la Biblioteca e di tenere tutti i registri occorrenti (gli inventari generali dei mobili e dei volumi, nonché due cataloghi speciali di opere, ossia quello dei libri donati e quello dei libri depositati). All’epoca dell’inaugurazione, il direttore (de iure) era il già menzionato Plessi e il vicedirettore, designato su sua proposta, don Giovanni Rodolfi (1828-1896), il quale tenne poi con impegno e dedizione quell’ufficio per un quarto di secolo, fino alla morte.
I due principali promotori della costituzione della Biblioteca furono Plessi e l’illustre uomo di scienza e lettere Francesco Selmi (1817-1881), il quale – oltre tutto – con generosità la arricchì via via di innumerevoli opere; anche per questo, tale istituzione è – dal 1977 – intitolata a Selmi.
Tre anni dopo la sua inaugurazione, la Biblioteca poteva contare su un patrimonio di 2803 volumi disponibili. Nel 1885 le unità librarie avevano già superato il numero di 5000.
Dopo la scomparsa di don Rodolfi, l’istituzione culturale ebbe grandi difficoltà di risorse e – soprattutto per questo – rimase più volte chiusa per periodi anche lunghi.
Nel 1916 la Biblioteca venne trasferita in una stanza a pianoterra nella parte ovest del Casino Tosi Bellucci, edificio acquistato l’anno precedente dal Comune di Vignola per stabilirvi la propria sede (diventò ufficialmente la Residenza Municipale nella tarda primavera del 1916). L’istituzione culturale, che contava allora circa 11.000 volumi, non aprì tuttavia al pubblico fino al 1942, quando fu predisposto il servizio di prestito, ma non venne ripristinato quello di consultazione in loco (molto probabilmente per scarsità di spazio e/o per mancanza di personale di sorveglianza). Nel frattempo, nel 1939, l’Amministrazione Comunale aveva avanzato la proposta di spostare la Biblioteca all’interno della Casa Natale di Lodovico Antonio Muratori (1672-1750), ma l’idea era stata rapidamente accantonata.
La notte del 15 aprile 1945, nel corso di un bombardamento aereo degli Alleati, il Casino Tosi Bellucci venne colpito. Nella circostanza, il patrimonio della Biblioteca subì gravi danni: lo spostamento d’aria, infatti, causò dapprima la caduta dei libri dagli scaffali e poi il crollo del soffitto e del tetto; diverse pubblicazioni andarono distrutti e altri vennero seriamente lesionati. Nei giorni successivi, inoltre, parecchi volumi furono sottratti da ignoti.
Nel 1947 la Biblioteca riaprì negli stessi locali, offrendo agli utenti il servizio di prestito. Nove anni dopo, quando contava intorno a 9500 volumi, essa fu trasferita in ambienti più vasti sempre nell’ala ovest della Villa Tosi Bellucci.
Nel 1977 si decise di spostare altrove la sede dell’istituzione culturale, e la scelta ricadde sulla Villa Trenti, di proprietà della Cassa di Risparmio di Vignola e collocata al centro del Parco San Giuseppe; questa banca diede l’edificio in comodato d’uso all’Amministrazione Comunale. Lì la Biblioteca rimase per cinque lustri (1980-2004).
Dal 2004 al 2006, l’intero patrimonio documentario dell’istituzione culturale risultò inaccessibile perché erano in corso, sul lato del Parco San Giuseppe che dà su Via Cesare Plessi e in parte su quello che dà su Via San Francesco, i lavori necessari non solo alla costruzione dell’edificio che prese il nome di Auris, ma anche al trasferimento nei suoi locali sia dei volumi della Biblioteca sia dei materiali fino ad allora raccolti e resi disponibili all’utenza nel Centro Audiovisivi di Piazza Carducci. Questa struttura fu concepita come la nuova sede dell’ormai storica istituzione culturale e realizzata grazie al finanziamento della Fondazione di Vignola, tuttora sua proprietaria, che la concesse in comodato d’uso all’Amministrazione Comunale. All’epoca dell’inaugurazione dell’edificio Auris (20 maggio 2006), il patrimonio constava di oltre 64.000 documenti tra libri, cd musicali, videocassette, dvd e cd rom.
Nel 2017, dopo poco più di due lustri di chiusura al quale era seguito un biennio di lavori strutturali disposti e pagati dalla Fondazione di Vignola, Villa Trenti riaprì al pubblico come seconda sede ufficiale della Biblioteca. Nel corso del 2018, poi, grazie al finanziamento della Fondazione di Vignola e a contributi del Comune di Vignola e della Regione Emilia-Romagna, furono realizzati interventi di manutenzione e riorganizzazione degli spazi nell’edificio Auris.

Nella prima immagine sottostante, fotografia che risale suppergiù all’anno 1900 e che raffigura la Sala dei Tronchi d’Albero della rocca di Vignola quando era sede della Biblioteca Comunale; seduti, Alessandro Plessi e il figlio Renato (1878-1954), futuro farmacista in Vignola; in alto, s’intravede la lapide in ricordo di don Rodolfi, collocata in quel punto nel 1897, dunque un anno dopo la sua morte (tale lapide è attualmente affissa al primo piano della Residenza Municipale di Vignola). Fonte: Raccolta famiglia Plessi.
Nella seconda immagine qui sotto, fotografia recente della parte nord della Sala dei Tronchi d’Albero; sulla sinistra, si trova il modello ligneo – in scala reale – del tabernacolo disegnato da Giacomo Barozzi (1507-1573) ed eseguito in alabastro di Volterra e marmo bianco – tra il 1563 e il 1565 – da Giammaria di Pistoia per la chiesa di Sant’Antonino Martire a Fara in Sabina (RI); questo modello è stato realizzato da Orazio Greco nel 2002.










12 giugno 1924: nacque a Campiglio di Vignola CASIMIRO BETTELLI, sacerdote, insegnante, poeta, scrittore, saggista, giornalista e collezionista d’arte.

Trascorsi i primi anni nell’antica casa “Garavina di sopra”, situata a breve distanza dal cimitero di Campiglio, Casimiro Bettelli (detto confidenzialmente don Miro) studiò presso i Seminari di Fiumalbo e di Modena, ricevette l’ordinazione sacerdotale e fu nominato cappellano prima a San Vito di Spilamberto, in seguito a Fanano e infine a Guiglia. Nel 1959 egli si trasferì a Modena, dove passò il resto della vita. Designato assistente all’Istituto “Filippo Neri”, diventò rettore di Santa Maria della Pomposa, la stessa chiesa che aveva visto dal 1716 al 1733 come suo proposto Lodovico Antonio (1672-1750) e che dal 1922 ne accoglie i resti. Nella stessa città, il nostro personaggio insegnò a lungo Religione all’Istituto Tecnico Commerciale “Jacopo Barozzi”.
Autore di molte pubblicazioni in poesia e in prosa, il sacerdote vignolese conobbe una certa fama pure al di fuori dell’Emilia specialmente per i suoi versi, che ricevettero anche alcuni premi nazionali.
Importante collezionista specializzato nell’arte del XX secolo, don Bettelli acquistò sul mercato oltre 800 pezzi tra litografie, dipinti, sculture, disegni e xilografie. Quest’ampia e preziosa raccolta passò per intero, insieme con la sua biblioteca e il suo archivio privato, all’Arcidiocesi di Modena-Nonantola; gran parte della collezione risulta oggi affidata, in comodato gratuito, alla Galleria Civica di Modena.
Il nostro personaggio rimase sempre molto legato alla comunità d’origine e fu in stretti rapporti d’amicizia con Augusta Redorici Roffi (1922-2010).
Don Bettelli morì nella sua città d’adozione il 9 agosto 1998 (sulla lastra tombale, però, risulta erroneamente indicato il giorno 8 agosto 1998) e fu sepolto nel cimitero di Campiglio.

Nell’immagine sottostante, Casimiro Bettelli fotografato nella prima maturità. Fonte: Augusta Redorici Roffi, Le Chiese di Campiglio. Memoria, Vignola, Libreria “dei Contrari”, 2000, p. 124.





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14 giugno 1702: morì a Doccia di Savignano PIETRO (o Pier) ERCOLE BELLOI (o Belloj), politico, diplomatico, letterato, scacchista e – negli ultimi anni di vita – anche sacerdote. La salma venne tumulata a Vignola, nel primo oratorio che recava l’intitolazione a San Pietro Martire (cioè quello congiunto all’edificio dell’Ospitale/Ospedale).

Pietro Ercole Belloi nacque a Vignola il 20 settembre 1634. Diciannovenne, egli conseguì la laurea in utroque iure all’Università di Bologna. Nel 1655 sposò Maria Giovanna Montacuti (o Montaguti, 1642-1687), dalla quale ebbe i figli Domenico (1660-1712), Giacoma e Giovanna. Esercitò per molti anni cariche politiche in vari luoghi. Nel 1673 venne iscritto alla cittadinanza felsinea; da questa data, sovente gli piacque definirsi «Bolognese».
Rimasto vedovo nel 1687, Belloi entrò come novizio nel monastero di Santo Spirito dei Padri Celestini presso Sulmona, ma poi ne scappò. Nel decennio seguente, egli fu più volte a Milano sia come segretario di membri della nobiltà locale sia alla ricerca di un impiego; dal 1695, nel corso dei suoi vari soggiorni nella città meneghina, ebbe occasione di frequentare i conterranei Pietro Antonio Bernardoni (1672-1714) e Lodovico Antonio Muratori (1672-1750).
Nel 1693 Belloi fu ambasciatore straordinario di Carlo II di Spagna (1661-1700, in carica dal 1665) al papa Innocenzo XII (1615-1700, sul soglio di Pietro dal 1691). Due anni più tardi, diventato segretario di monsignor Giovanni Antonio Davia (1660-1740), nunzio apostolico a Colonia, lo accompagnò in quel luogo, dove il Vignolese ottenne le dispense necessarie per prendere gli ordini sacri; tornato in Italia, egli li ricevette a Parma dal vescovo della città, Giuseppe Olgiati (1660-1736). In seguito, il nostro personaggio fu per breve tempo precettore di Lodovico Rangoni (m. 1762), figlio di Filippo (m. 1723), e il 30 agosto 1696 celebrò la sua prima messa a Spilamberto.
Il Vignolese diede alle stampe apprezzate raccolte di versi latini (ove spesso si firmò «Petrus Hercules de Bellois […] Bononiensis») e venne accolto in importanti Accademie italiane. Ebbe una certa fama come scacchista.

Nell’immagine sottostante, frontespizio di una delle più note raccolte poetiche in latino di Belloi: Adoreolæ Belloianæ pro Catholicis Heroibus in Propvgnatione Avstriacæ Viennæ […]; si tratta di un’opera pubblicata a Bologna, presso la Chalcographia Montiana, nel 1684. Fonte: google.com





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23 giugno 1747: nacque a Vignola GIUSEPPE MARIA SOLI (alle volte chiamato semplicemente Giuseppe Soli), architetto, ingegnere, pittore e insegnante.

Di umili origini, Giuseppe Maria Soli mostrò già da bambino un eccezionale talento nel disegno. Grazie a mecenati e sostegni di varia natura, egli ricevette un’approfondita formazione artistica dapprima a Bologna e poi a Roma.
Stimatissimo dagli Este e dagli Austria-Este come da Napoleone, Soli ebbe una carriera lunga e fortunata che lo portò a diventare uno dei più importanti architetti neoclassici italiani (fu attivo in diversi centri della Penisola) e un apprezzato pittore.
Nella natia Vignola, il nostro artista concepì l’elegante Casino – o Villa – Bellucci (poi, Tosi Bellucci), dal 1916 Residenza Municipale; pur risalendo il progetto al 1789, i lavori vennero iniziati molto probabilmente solo nel 1815 e furono conclusi tra il 1823 e il 1824. Alle decorazioni parietali dell’edificio provvide in massima parte il conterraneo Pietro Minghelli (1780-1822), già suo allievo all’Accademia di Belle Arti di Modena, istituto presso il quale Soli fu a lungo non solo direttore, ma anche docente di Architettura Civile, Disegno e Pittura. Dal 1867 è conservato in questo casino l’Autoritratto che Soli dipinse non prima del 1805.
L’anno dopo avere elaborato un progetto per l’ingrandimento della chiesa parrocchiale di Vignola, Soli morì a Modena il 20 ottobre 1822. Le sue spoglie vennero trasferite nel paese natale e inumate nel cimitero cittadino al tempo in uso. I resti andarono dispersi molto probabilmente nel corso dell’opera di espurgo di quest’ultimo (1900-1901), la quale ebbe luogo mentre stava entrando in funzione il nuovo cimitero della comunità, quello attuale; tuttora, purtroppo, lì non è presente nemmeno una lapide in ricordo dell’illustre personaggio.

Nell’immagine sottostante, l’Autoritratto di Giuseppe Maria Soli, olio su tela (il quadro ha subìto un restauro conservativo nel 2015).






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24 giugno 1970 (in alcune sedi, sbagliando, si posticipa la data di un giorno): morì a Vignola NÈTTORE NERI, magistrato e poeta. Riposa nel cimitero cittadino, all’interno della cappella di famiglia.

Nato a Barbiano di Cotignola (nel Ravennate) il 27 gennaio 1883, Nèttore Neri diventò magistrato nel 1920 e fu pretore di Vignola per quasi trent’anni (1924-1953). Appassionato delle belle lettere e amico di poeti, artisti, musicisti e studiosi, egli pubblicò alcune pregevoli raccolte di versi in dialetto romagnolo che godettero e godono tuttora di grande considerazione presso poeti e critici, da Aldo Spallicci (1886-1973) ad Antonio Baldini (1889-1962), da Giacinto Spagnoletti (1920-2003) a Pier Paolo Pasolini (1922-1975), da Roberto Roversi (1923-2012) a Cesare Vivaldi (1925-1999) e Giuseppe Bellosi (n. 1954).
Il figlio Attilio Neri (1921-2009) fu una figura di primario rilievo nella vita pubblica di Vignola e nel mondo intellettuale modenese.

Nelle immagini sottostanti, cappella funeraria della famiglia Nèttore Neri e lastra tombale del nostro personaggio (il distico proviene dalla raccolta Arsoj e significa, in italiano: «Io sono come quel grillo che sotto le stelle / canta di notte quando cantare è bello»).





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25 giugno 1959: morì a Vignola UGO ROLI, educatore, scrittore, poeta, studioso di storia (anche locale), avvocato, funzionario pubblico ed enigmografo. Fu sepolto nel cimitero cittadino.

Venuto alla luce a Vignola il 23 febbraio 1887, Ugo Roli svolse dapprima la professione di maestro elementare (tra Emilia e Toscana) e poi quella di avvocato (a Vignola e a Modena). Nel 1921 egli fu per un brevissimo periodo commissario prefettizio nel paese natale.
Più volte decorato durante la Prima Guerra Mondiale, Roli si distinse a livello nazionale come enigmografo (con lo pseudonimo di «Fiordaliso») e come autore di libri per gli alunni delle Scuole Elementari.
Il nostro personaggio figurò tra i fondatori del Circolo Amicizia di Vignola (1919), un’aggregazione di tipo ricreativo della quale egli fu altresì il primo presidente, e dedicò parecchi studi alla storia patria e alla storia della sua terra d’origine.
Oggigiorno Roli è ricordato soprattutto per l’interessante attività di poeta: ancora molto conosciute e apprezzate sono, in special modo, le due raccolte di versi Faléster (1936, in dialetto modenese) e Faléster dl’Inféren (1951, in italiano e in dialetto). Nell’immagine qui sotto, la tomba di Ugo Roli e quella di alcuni suoi familiari al cimitero di Vignola.




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29 giugno 1822: morì a Modena PIETRO MINGHELLI, uno dei pittori-decoratori emiliani più ammirati della sua epoca.

Nato l’11 gennaio 1780 a Vignola in una famiglia di contadini, Pietro Minghelli fu professore di Paesaggio e Ornato presso l’Accademia di Belle Arti di Modena, diretta da Giuseppe Maria Soli (1747-1822). Questi, pure lui di Vignola e di umili origini, considerò sempre il nostro personaggio uno dei suoi migliori allievi.
Minghelli affiancò al mestiere di insegnante la libera professione di pittore-decoratore, nella quale cominciò ben presto a farsi apprezzare come artista valente e rapido nell’esecuzione (lo stesso Soli, nell’ambito dei cantieri architettonici affidatigli, ebbe a giovarsi spesso dell’opera del conterraneo per l’ornamento delle pareti interne degli edifici). Inoltre, egli fu autore di quadri (su tela) e curatore di allestimenti scenografici.
Tra le più significative testimonianze della sua operosa ma purtroppo breve carriera artistica, se ne possono annoverare due nella città natale: i decori parietali della dimora del nobiluomo Giuseppe Galvani (1781-1817), risalenti al 1810-1815, e quelli della Villa Bellucci (poi Tosi Bellucci, dal 1916 Residenza Municipale), realizzati tra il 1820 e il 1822.

Nell’immagine sottostante, lapide funeraria di Pietro Minghelli collocata nel cimitero di Vignola.




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29 giugno 1964: morì a Vignola ALDO SANTI, ingegnere edile ed enigmografo. Venne sepolto nella tomba di famiglia, collocata all’interno del cimitero di Campiglio, località vignolese della quale egli e i suoi avi erano originari.

Aldo Santi nacque a Vignola il 14 dicembre 1881 e, dopo la laurea in Ingegneria Industriale conseguita al Politecnico di Torino (1907), svolse a lungo la professione di ingegnere edile (dapprima a Modena e poi a Vignola).
Personaggio pieno di interessi, egli si distinse a livello nazionale come enigmografo (celandosi sotto diversi pseudonimi, tra cui «Il Duca Borso» e «Soldatina») ed è tuttora reputato uno dei fondatori dell’enigmistica moderna. Diresse riviste del settore, curò rubriche enigmistiche all’interno di giornali, pubblicò raccolte di indovinelli, voci di enigmistica nell’Enciclopedia Italiana di Scienze, Lettere ed Arti dell’Istituto Treccani, una Bibliografia dell’Enigmistica (1952) e un Dizionario pseudonimico degli Enigmografi Italiani (1956).
Legatissimo al luogo natale, Santi non si tirò indietro quando gli venne chiesto di concorrere direttamente al bene della sua comunità d’appartenenza: fra l’altro, fu assessore del Comune di Vignola (1908-1909 e 1914-1920, ma con sospensione dell’attività politico-amministrativa durante la Prima Guerra Mondiale e nei sei mesi che seguirono la Vittoria) consigliere e sindaco della locale Cassa di Risparmio (rispettivamente, nel 1944-1945 e nel 1950-1956), e nel 1950 vicepresidente – a fianco dell’amico Ugo Roli (1887-1959) – del Comitato Vignolese per le Onoranze a Lodovico Antonio Muratori (1672-1750) nel Secondo Centenario della Morte.

Nell’immagine qui sotto, tomba della famiglia Santi nel cimitero di Campiglio di Vignola.






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30 giugno 1672: nacque a Vignola PIETRO ANTONIO BERNARDONI, poeta, librettista e drammaturgo. Venne battezzato il giorno successivo.

A differenza del coetaneo e amico Lodovico Antonio Muratori (1672-1750), Pietro Antonio Bernardoni aveva un’indole irrequieta che lo portò a condurre una vita molto movimentata e non aliena da dissidi, risentimenti e afflizioni. Amante del lusso, del gioco d’azzardo e delle belle donne, e alla continua ricerca di sostanziose fonti di guadagno anche per provvedere ai due fratelli minori rimasti senza genitori, il nostro personaggio approfittò delle sue non comuni doti poetiche, già riconosciute in mezza Italia quando egli era poco più che adolescente, al fine d’intraprendere una carriera letteraria di alto livello e ben remunerata.
Dopo aver frequentato per qualche tempo il circolo intellettuale raccoltosi a Modena intorno al giovane marchese Giovanni Claudio Rangoni (1675-1730), nel cui ambito egli ebbe anche modo d’incontrare spesso Muratori, Bernardoni nel 1693 si recò a Bologna, città pontificia dove fu accolto familiarmente da insigni uomini di cultura come il potente marchese Giovan Gioseffo Orsi (1652-1733), Eustachio Manfredi (1674-1705) e Pier Jacopo Martello (1665-1727). Fino alla prematura scomparsa, egli compì altri fecondi soggiorni nella città petroniana.
Nella prima età matura, l’autore vignolese si trovò costretto a compiere innumerevoli spostamenti (anche a Parigi) per assumere o espletare incarichi di differente natura, in genere al servizio di nobiluomini e non certo pagati nella misura e con la puntualità che egli si attendeva. In quegli anni, una raccolta di versi e due tragedie da lui date alle stampe attirarono l’attenzione sia di prestigiose Accademie italiane, che vollero averlo tra i propri membri, sia della Corte imperiale di Vienna, dove – non da ultimo per l’intervento a suo favore di Muratori e del marchese Orsi – nel 1701 fu nominato secondo poeta cesareo, vice di Donato Cupeda (1634-1705). Bernardoni ricoprì questo ruolo per quasi un lustro e, in seguito, diventò di fatto primo poeta cesareo, pari grado di Silvio Stampiglia (1664-1725).
Nel periodo viennese, il nostro personaggio scrisse a ritmo convulso tragedie, poesie e libretti d’opera. Furono soprattutto questi ultimi, messi in musica da noti compositori dell’epoca, ad avere tenuto a lungo alto l’interesse del mondo letterario e della critica nei confronti dell’autore vignolese, in quanto lì egli introdusse non di rado criteri stilistici lontani da quelli barocchi, allora predominanti, e ciò aprì la via alle innovazioni che contraddistinsero il teatro musicale nell’Europa del Settecento maturo.
Ricevuta una licenza a Vienna, dall’ottobre del 1703 al febbraio del 1704 Bernardoni fu a Bologna. Soggiornò di nuovo nella città felsinea per qualche mese a partire dall’inizio del 1707 e, nell’occasione, prese parte alla polemica Orsi-Bouhours, schierandosi pubblicamente in difesa dell’amico e della cultura italiana dinanzi agli attacchi provenienti dalla Francia.
Ancora in pieno fervore creativo, il nostro personaggio ottenne il congedo definitivo dalla Corte imperiale nel 1710, pur conservando il titolo e lo stipendio di poeta cesareo, e si recò a Roma, per poi fissare la propria dimora a Bologna, dove l’anno seguente contrasse matrimonio. In quella stessa città, la morte lo colse anzitempo il 19 gennaio 1714.

Nelle immagini sottostanti, la casa natale di Pietro Antonio Bernardoni e la lapide che sormonta la porta (il 1° luglio 1672, in realtà, è il giorno del battesimo dell’illustre Vignolese).











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